Capitolo 49

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[N/A: questo capitolo è venuto fuori lungo più di 7000 parole. Spero così di riscattarmi in parte per tutta la suspance con cui vi lascio ogni volta, imbestialite per via di cosa è successo e nell'ansia di un prossimo giovedì.
Beh, adesso vi lascio iniziare a leggere il capitolo vero. Buona lettura.]

Nonostante fossero in piena estate, e le notti fossero considerevolmente corte rispetto che nel resto dell'anno, Jonathan pensava che sarebbe impazzito quella notte; che pareva essersi fermata.

Il cacciatore veniva logorato dall'ansia e dal puro terrore: non sapeva chi aveva rapito Thomas, cosa gli stesse accadendo, perché l'avessero fatto, non poteva fare alcunché o contattare qualcuno. Poteva solo disquisire con la sua mente, che lavorava frenetica in cerca di risposte; facendogli venire una forte emicrania, ad un certo punto.

Si diresse nel bagno personale, alla ricerca di un'aspirina per porre fine a quel suo dolore più che secondario: era un dolore infimo rispetto alla sofferenza che gli dilaniava il cuore a causa del rapimento di Thomas...
Frugando nel mobile bianco accanto lo specchio, scorse alla fine la parte superiore di una scatoletta con delle aspirine. Per prenderle, doveva scostare altri medicinali, ed in mano gli finì un flaconcino di sonniferi.
L'aveva preso perché, vicino all'anniversario della morte della madre (cioè verso gennaio) gli venivano spesso gli incubi.

Girò il flaconcino, in un gesto quasi meccanico.
Scadevano di lì a poco.
Una idea gli passò per l'anticamera del cervello, sfondò la porta che portava al conscio e lì si radicò, diventando un piano più che plausibile nella testa del castano.

Jonathan prese la scatoletta con le capsule, la mise in tasca e richiuse l'armadio con un sonoro tonfo, lasciando molti medicinali sul tavolino. Scattò fuori dal bagno e successivamente dalla camera da letto in velocità, quasi rischiando di inciampare nella sedia accanto alla scrivania.

Scese le scale, saltando insieme gli ultimi quattro gradini, si diresse in cucina e si versò un bicchiere d'acqua.
Aprì allora il flaconcino e lo tenne mezzo inclinato sopra la mano aperta, un po' a coppa.

Un sonnifero serviva quando l'adrenalina era troppa.
Un sonnifero sulla mano.
Due sonniferi totali svuotavano la mente.
Una seconda pasticca fece compagnia alla prima.
Tre sonniferi per non fare brutti sogni.
Il duo diventò un trio.
Si ficcò in bocca i sonniferi, neanche fossero caramelle, e li mandò giù con un bicchiere d'acqua.

Si mise allora, nell'attesa, a fissare il tavolo marrone scuro con tutte le sue striature, alcune un po' più chiare e altre un po' più scure.
Passò quasi dieci minuti in quel modo prima di ridestarsi senza che niente di effettivo avesse potuto provocare la rottura del momento di sospensione.

Con l'effetto soporifero dei sonniferi in circolo, camminò a passo trascinato fino ad uno dei due divani in soggiorno. Appena si sedette si sentì ancor più stanco, ma non sapeva se era un effetto placebo, dato che anche la mente chiedeva tregua al più presto, o se era la dose di sonnifero presa, abbastanza forte, che gli stava facendo effetto.
Forse c'entrava che li prendeva solo poche volte all'anno e quindi non ne era un totale esperto...
Quasi subito la testa gli cadde sul divano e, messosi meglio steso, si girò nel comodo ma stretto letto improvvisato. Poi il sonno lo colse.

•~-~•

<T-T-TU?!> si stupì Thomas balbettando, agitandosi tantissimo sul letto.
<Allora mi hai riconosciuto, eh?> se la ridacchiò il kitten dai capelli biondicci e gli occhi ambrati.

Il moro provò a dare dei calci all'aria, disperato, sperando che l'altro si tenesse a una certa distanza, ma non fu così. Il kitten biondo gli prese le gambe, gliele allargò e vi si sedette in mezzo, tenendole ferme con i palmi sulle ginocchia.
Thomas si sentì un unico fascio di nervi teso, con quello stronzo tra le gambe; tra l'altro immobilizzato e disteso.

Il mio piccolettoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora