Capitolo 34

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Era ormai tardo pomeriggio e di lì a poco le cameriere se ne sarebbero andate. Il calore era finito quella mattina e solo qualche giorno prima Jonathan gli aveva raccontato tutta la storia della sua famiglia e lui si sentiva "pronto" per provare a raccontare quell'esperienza che gli cambiò la vita. In peggio, era vero, anche se senza quello di sicuro non avrebbe incontrato Ariana.
E per lui Ariana occupava sempre e comunque un posto speciale nel suo cuore, anche se era da tempo che non la sentiva con il filo o la vedeva.

Ora erano lì tutti e quattro, dato che il turno delle ragazze era finito ma si stavano trattenendo lì a chiacchierare del più e del meno, con la TV a basso volume in sottofondo.
<Ragazzi...> fece leggermente mesto il moro, attirando gli sguardi preoccupati dei tre umani su di sè.
<Vi vorrei raccontare il perché sono rimasto senza famiglia, che per me è sinonimo di un'enorme disgrazia in cui... io non sono la causa. Se per molti kittens sono i genitori ad abbandonarli perché reputati errori... non é il mio caso. Il mio è ben diverso e, in un certo senso, peggio. Però se ci girerò attorno non servirà a nulla, perciò vi voglio dire una grande parte del mio passato che sanno solo i testimoni alla scena, la mia compare e a grandi linee solo uno dei kittens adulti. Voglio includere voi tre nel cerchio e voglio che lo sappiate alla perfezione.> spiegò Thomas, chiaro.

Il silenzio aveva invaso il soggiorno, a parte per il notiziario alla TV che Cassandra abbassò di volume.
Jonathan si avvicinò al moro, per baciarlo, toccarlo, incoraggiarlo ma Thomas si scostò e fece rigido: <Preferisco non avere contatto fisico, grazie.> e Jonathan vi acconsenti.
<Sicuro di parlarne, Tommy? Hai sempre preferito evitare...> notò Jonathan dolce e le due cameriere in quel momento si sentirono fin di troppo anche se prima citate chiaramente. Il moro però, intuendo il pensiero delle due, disse: <Ferme lì ragazze, voglio davvero che lo sentiate pure voi. Non è semplice da dire una volta e mi ci è voluta tanta forza di volontà per ripescare i ricordi per dirvelo adesso. Fatemelo dire e basta.> quasi implorò il ragazzo, non guardando in faccia nessuno.

Stava fissando il copri divano e si teneva ancora leggermente scostato dal fidanzato: preferiva evitare, sul serio, il contatto fisico in quei momenti.
Doveva dirlo come un afflusso di pensieri, e diventa difficile se qualcuno lo teneva stretto a sè. Perché sapeva che quella entità era lì, fisicamente, accanto a lui. Da un lato il moro lo trovava rincuorante, ma dall'altro (ed era più grande, come lato) era come avere una costante conferma che lì ci fosse qualcuno. E doveva pensare di essere da solo perché era difficile solamente ripensare a qualcosa del genere, figurarsi dirlo con abbastanza calma a qualcuno che non ne sa nulla. Era una impresa quasi titanica. Più che per la brutalità di ciò accaduto... era per il dolore morale che rievocava.

<Capisco. Parla, Thomas, ma solo se ne sei davvero sicuro.> sospirò la rossa, mettendosi più tesa sul secondo divano, pari pari alla bionda che era attenta al ragazzo-gatto.
La coda era stretta tra le mani delicate e quasi diafane del moro e le orecchie erano talmente tanto appiattite tra la folta chioma di capelli che quasi non si notavano.
Thomas fece un respiro tremolante mentre iniziava a parlare e riviveva tutto nella mente. Iniziò a descrivere la scena dicendo particolari, come se leggesse un testo che già sapeva a memoria. In tutti quegli anni aveva avuto il tempo materiale per rimuginarci sopra fin troppo e ricordare e descriversi mentalmente perfino i più piccoli dettagli rimasti aggrappati nella sua mente.

[N/A: uso questo tipo particolare di segni « » per indicare il testo in sè, i discorsi diretti nella sorta di flashback saranno coi soliti segni.]

«Era una piovosa sera di marzo e avevo compiuto da poco 9 anni.
Era stato una bel giorno, ricordo. E anche quella serata con i miei genitori non era da meno. Abitavamo in una casa normalissima ma i cui proprietari venivano poco e solo in estate, quindi stavamo lì abusivamente; come se qualsiasi kitten non lo facesse. Ero in soggiorno con mio padre a guardare una mappa stellare.
Mi ricordo bene come era mio papà. Era molto alto dalla mia prospettiva, era 1.80m se non sbaglio, ed aveva i capelli biondo cenere e lisci mentre gli occhi erano nocciola, un marroncino-verde molto particolare. Era un kitten in forma; beh, d'altronde aveva solo 26 anni...»

Il mio piccolettoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora