Capitolo 52

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Era sera e, dato che ormai era oltre metà giugno, il cielo si stava leggermente colorando di tonalità arancioni, ocra e rosa solo allora; cioè verso le 19:40 circa. Cassandra si era svegliata da poco più di mezz'ora e aveva smaltito i fumi del dolore, dell'alcool e della stanchezza (che l'avevano assalita appena sveglia) da solo un quarto d'ora.

Elizabeth era in cucina, a preparare una semplice cena con Jonathan, il quale era per nulla abituato a cucinare sul serio da molto tempo. Era sia frustrante che divertente per la rossa vedere Right litigare con la padella mentre cercava di cuocere delle normalissime bistecche, mentre lei era impegnata a cucinare le patate in padella (ed evitare che, per mano del cacciatore, bruciassero).

Ritornati in soggiorno con un piatto anche per la bionda, fu proprio la "infortunata" a chiedere: <Perché non andate a controllare che Thomas sia sveglio? Sarà passata tipo mezz'ora dall'ultima volta che uno dei due è andato a vedere.>
Jonathan rimase muto, dato che non impazziva nel rivedere il proprio amore così ferito (a causa sua, tra l'altro). Poi però sentirono un tonfo prevenire da sopra e i due indenni scattarono in piedi, facendo pericolosamente tremare il tavolino doveva avevano posizionato il cibo.

<Cosa é successo?> chiese Cassandra, timorosa che Thomas fosse caduto dal letto nell'inconscio o provando ad alzarsi (forse riaprendo la ferita, dato che Jack aveva detto di non farlo muovere di suo, ma al massimo di trasportarlo, se volevano evitare complicazioni).
I due non le diedero risposta e corsero di sopra.

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Nel mentre, di sopra, pochi minuti prima, Thomas si era risvegliato; ma non come ti risvegli alla mattina durante un giorno di riposo, cioè piano e tranquillo. Per metterlo in un simpatico paragone, pareva che il suo cervello avesse alzato l'interruttore dello sveglio da "Off" a "On". Infatti Thomas si era svegliato sbarrando gli occhi, ritrovandosi a fissare il soffitto.

Neanche si dovette fare la domanda del dove fosse per capire il luogo. Il suo naso fine sentì benissimo quell'odore particolare di cui era pregna la casa di Right, specialmente quella stanza, e capì che era ancora vivo, nonostante sapesse di essersi frapposto fra Right e il proitettile, prendendolo in pieno.
"Perché sono ancora vivo?" si chiese.

Provò a mettersi a sedere, ma il dolore che lo pervase per il torso fu maggiore della sua volontà e lo costrinse a rimanere steso sul letto.
"Cosa...? Perché sono vivo... se poi sto così male?" si chiese, disperato, con le lacrime agli occhi.
"Se Jonathan mi odia... perché mi é venuto a salvare? Non può averlo fatto per sentimento: non mi ama. Non dopo aver infranto la promessa. Non dopo aver partecipato alla caccia dei miei amici, della mia famiglia. Non dopo avermi rinfacciato la morte di Ariana..." e le lacrime iniziarono a sgorgare con più facilità al pensiero di lei.

"Ariana... mi manchi. Ma forse me lo merito... sono stato un mostro. Per mesi non ti ho pensato, impegnato ad avere il cuore e la testa rincitrulliti per un bugiardo che mi ha solo ferito, mentre te piangevi per me! La Natura non mi vuole bene a sufficienza per lasciarmi felice, percio mi ha voluta lontano da te... ma perché uccidere te e non me? Sono io quello andato nel torto... non tu. Non é giusto nulla. TUTTO QUESTO È SBAGLIATO! IO SONO SBAGLIATO!" e in un impeto di rabbia, dolore e frustrazione, mosse le braccia di scatto, staccando dalla presa con un sol colpo la lampada sul comò accanto a lui e facendo cadere l'oggetto a terra; producendo un gran tonfo.

"Perché non sono morto io quella volta? Perché non sono morto quando Regulus mi ha colpito? PERCHÉ IL MONDO SEMBRA AVERCELA CON ME E IMPEDIRMI DI PORRE FINE ALLE MIE SOFFERENZE!?" urlò nella propria testa, coi pugni stretti così forti da far iniziare a far sbiancare le nocche, e i singhiozzi di rabbia e frustrazione sul cinto di fuoriuscire dalle sue labbra.

Il mio piccolettoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora