Capitolo 42

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[N/A: ed ecco il ritorno di un capitolo con più di 4000 parole, yeee

E, una sera, stavo controllando le mie storie e ho notato questo:

E, una sera, stavo controllando le mie storie e ho notato questo:

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O. Mio. Dio. Primi sul tag #gay che ha giusto qualche migliaio di storie! -non so per quanto sarà durato ma anche solo esserci stati per 5 minuti scarsi è tanto per me-

"Ah ah fanfiction sui BTS, vi ho battuto, anche solo per poco! Tié"

Scusate, ma era d'obbligo nella mia testa dirlo. E vi ringrazio. Cioè... Anche adesso, che lo riguardo nello screenshot per la 10° volta non ci credo.
E anche perché, adesso, ho notato che abbiamo superato le 20K. Voi siete matti.

Va beh, ora vi lascio al capitolo]

La giornata successiva era già arrivata ma il sole non aveva ancora fatto capolino quando Thomas si era ridestato dal suo sonno leggero. Il moro era come se avesse una sorta di orologio interno che funzionava pure da sveglia: se voleva svegliarsi alle 4:00 del mattino, doveva addormentarsi pensando intensamente all'orario pensato e poi lasciarsi scivolare nel mondo dei sogni.
Quando si svegliò, si scoprì essere con le lenzuola leggere cacciate in fondo al letto e con la faccia spiaccicata contro il cuscino e il corpo a pancia in giù.

Stava osservando la schiena di Jonathan, e il castano era il più possibile scostato verso la sua parte di letto. Almeno non avrebbe avuto di mezzo il corpo di Jonathan per dover scendere. Si mise a pancia in su, ad osservare l'orario attraverso la proiezione della sveglia sul soffitto. In scarlatto erano segnate le 04:03.

Scese dal letto, evitando di svegliare Jonathan, e si ritrovò nel corridoio prima ancora di potersene rendere conto.
La vista al buio e i passi felpati tipici dei gatti lo stavano aiutando nella sua impresa; mentre l'ansia che cresceva ad ogni respiro fatto e il cuore che, palpitante, voleva fargli un foro nel petto erano tratti degli umani.
La mente, paurosa, lo supplicava di tornarsene a letto, di abbandonare quella idea che altro non era che una cretinata suicida e far finta di nulla. Ma il cuore, pieno dei ricordi e dell'affetto per gli altri kittens come lui, non gli avrebbe mai permesso di fare un singolo passo indietro e gli avrebbe fatto pesare per sempre la colpa se non fosse intervenuto.

Ripetendosi nella testa "Lo faccio per Ariana, i ragazzi e i bambini" scese fino in soggiorno.
Sentiva dentro di sè un dolore sordo nel fare quello alle spalle di Jonathan, infrangendo la promessa di non mettersi mai in pericolo. Ma, dicendosi che il fidanzato l'aveva infranta per primo e per scopi egoistici, si era riuscito a mettere il cuore in pace; più o meno.

Per prima cosa andò verso la ribaltina in soggiorno e, trafficando alla cieca, estrasse una chiave delle dimensioni delle tre nel porta oggetti sull'ingresso, che subito raggiunse. Grazie alla vista sovrumana e il tatto fine, riconobbe quella tutta seghettata e con un rinforzo di gomma con su in rilievo la "M" di "moto".

Il mio piccolettoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora