Capitolo 24

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Un'altra settimana passò abbastanza tranquilla, nella quale però Thomas avvertì in modo molto forte la mancanza di Ariana, perché doveva resistere alla grande tentazione del chiamarla. Perché, se lo faceva anche solo per qualche secondo, Ariana ne sarebbe stata male forse per un'intera giornata e poi la mancanza di lei sarebbe stata ancor peggio dopo quella comunicazione. In un modo o nell'altro era fregato, ma non voleva che l'altra ci stesse troppo male e quindi resisteva dal chiamarla.

Era comunque brutta quella sorta di isolamento. E molto logorante.
Le cameriere provavano in tutti modi a farlo distrarre durante la giornata, tra consigli su serie TV o se si sarebbe letto qualche rivista o libro che avrebbero potuto trafugare tra casa loro, dei loro genitori o prendere in prestito dalla biblioteca.

Thomas le ringraziava e le assecondava, riuscendo per un po' a distrarsi tra serie TV e libri. Ma dopo qualche episodio smetteva di guardare molte delle storie che iniziava, solo due o tre aveva protratto fino alla fine della prima prima stagione e solo una serie si era fomentato nel vedere, ma della quale doveva aspettare la terza, e ultima, stagione: Una serie di sfortunati eventi.
Quei tre poveri ragazzi li capiva. Anche lui aveva avuto molti sfortunati eventi nella vita.

Ma non voleva stare solo davanti alla TV tutto il giorno a logorarsi gli occhi e a poltrire. Sempre abituato al movimento, non riusciva a non muoversi. Perciò si era creato la sua "ginnastica" improvvisata da fare, nella quale si sgranchiva le ossa e provava ad arrampicarsi sui pochi mobili stabili e solidi nella stanza o faceva semplici esercizi di stretching o cose imparate dai tre kittens adulti.

Passava il tempo a non rendere pigro il proprio corpo che, se da un lato era esile e piccolo come un bambino o una femminuccia, dall'altro lo rendeva agile e scattante.
E, anche se era rinchiuso lì dentro, riusciva a trovare un sotterfugio per leggere i suoi libri di astronomia ed uno di astrologia grazie sempre alle due cameriere.

La famiglia di Elizabeth, nonostante non fosse così benestante, aveva una bella e varia collezione di libri in una grande sala adibita a biblioteca e non era stato così difficile farsi dare i libri richiesti da Thomas (visto che i titoli li ricordava a memoria) dai genitori della rossa; che disse che erano per un suo amico appassionato in quel campo.
Quando, due giorni prima, la ragazza era riuscita a portargli i libri richiesti, Thomas l'aveva stritolata e le aveva detto almeno venti "Grazie" nel giro di cinque secondi.

Quella dimostrazione di affetto e di gioia era stata accolta di buon grado dalla ragazza, che dopo mezzo minuto aveva goffamente ricambiato l'abbraccio. E Cassandra, subito dopo finito quell'abbraccio, gli porse un taccuino in pelle nera e una matita con gommina finale.
<Questo è per i tuoi appunti, visto che ti dispiaceva non avere i tuoi libri appuntati, anche se ormai li sapresti a memoria... Ho pensato fosse una cosa carina e...> non aveva neanche finito la frase che anche lei fu circondata per la vita dalle braccia esili del moro e un continuo "Grazie" contro la spalla.

E quella mattina Thomas stava tranquillamente sfogliando i libri, appuntando a piè pagina tutte quelle note che erano stampate nella sua mente in modo fotografico e poi le trasferiva in bella sul libricino, cercando di scrivere nel modo più ordinato che conoscesse. E cioè in maiuscolo, come i bambini piccoli.
Eppure quella scritta grande, chiara e semplice, accompagnata da disegni ricopiati dal libro stesso, dava a quel taccuino l'aria di un libro a sua volta, più semplice e chiaro.

Passò la giornata talmente tanto immerso nei suoi appunti e ricopiature che quasi dimenticò di essere un sottomesso di Jonathan Right e di abitare sotto lo stesso tetto di quest'ultimo, in una sorta di prigione dorata. Talmente tanto concentrato qual era, si riscosse dal suo lavoro solo quando Cassandra lo scosse con dubbia delicatezza da dietro.

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