Capitolo 12

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Erano passati altri giorni, e complessivamente, Thomas era lì da ben oltre una settimana.

Thomas aveva raccolto qualche informazione per capire come Jonathan abitualmente si comportava: alla mattina andava a lavoro (da quanto capito, aveva una sua azienda) e, al pomeriggio, spaziava dal stare solamente con il kitten, al farsi anche i cazzi suoi o, se proprio doveva, lavorava pure lì a casa.

Aveva raccattato tutte queste informazioni, oltre che da sè, principalmente dalle due cameriere. Pochi giorni nelle sue condizioni non bastavano per farsi un'idea a grandi linee di una persona.
E inoltre era ancora confinato alla sua stanza da letto e al bagno annesso.

Una volta o due gli sarebbe proprio piaciuto posare i propri piedi nella fantastica erba di campagna lì attorno o almeno non su quei stessi pavimenti e tappeti di ogni singola ora.
Stava quasi iniziando a trovare il posto troppo chiuso e soffocante.

Almeno Elizabeth e Cassandra non lo facevano ammattire del tutto, chiacchierandoci appena potevano.
E cioè solo quando non erano sommerse dalle solite loro mansioni e nello stesso momento il padrone di casa non era nei paraggi. Altrimenti potevano solo entrare nella stanza del moro per un minuto o due per consegnare e ritirare i pasti.

Un altro momento di incontro, anche se per ora l'avevano fatto solo un'altra volta mentre non c'era Right, era quando dovevano pulire la stanza e/o il bagno del kitten.
Nonostante tutto, varie volte al giorno, Thomas riusciva a vedere le due ragazze per qualche minuto.
Che fosse l'una o l'altra o entrambe, insieme o in diversi momenti della giornata.

Anche solo per quei frangenti peri i pasti. Vedere un volto amichevole e sentirne la voce bastava a non scivolare nella pazzia.

E grazie a quello il moro si sentiva rincuorato (in parte) dal fatto dell'essere lì rinchiuso; e poi Jonathan non aveva mai fatto nulla che comprendesse uno o entrambi nudi.
Solo le ultime due volte Jonathan l'aveva costretto a togliersi i pantaloni, e quelle volte il cacciatore si era messo a rimirare per bene il corpo del suo kitten e a toccargli il culo, oltre al solito baciarlo e morderlo.

Però il moro non sapeva che quel pomeriggio gli sarebbe capitato una cosa che non avrebbe mai voluto che accadesse così in fretta.
Il kitten era steso sul letto, su un fianco, guardando la finestra; o almeno provandoci, visto che era in diagonale rispetto alla sua posizione.

Era immerso a pensare al sole che piano piano a marzo si scaldava, al venticello fresco che sferzava il viso ma comunque piacevole e al cielo che poteva essere a giorni sia limpido e di un azzurro intenso o coperto di nuvole cariche di pioggia o nuvoloni che scaricavano la loro acqua con potenza.
Quello era un giorno del terzo tipo e perciò lui era un po' di malumore.

Odiava la pioggia, in un certo senso. La associava a dei giorni.
Tanti giorni.
E forse solo uno di loro era bello, cioé quello in cui aveva conosciuto Ariana.
Gli altri, da solo o con la ragazza, erano stati orribili.

E poi lui era uno dall'animo che difficilmente si lasciava scivolare addosso delle scaramucce, figurarsi quel tipo di eventi!
L'avrebbero sempre tormentato, fino alla morte, lo sapeva...

Venne interrotto nel suo flusso di pensieri dalla porta che si apriva e poi richiudeva veloce.

Il kitten rizzò le orecchie, per percepire meglio i movimenti del cacciatore, e sentì chiaramente i passi sul pavimento di mattonelle farsi sempre più vicini.
Avvertì il letto dietro di sè abbassarsi (il cacciatore si era ovviamente messo a carponi sul letto).

Poi sentì una mano accarezzargli la guancia per poi scendere delicatamente fino al fianco, premendo bene contro il leggero tessuto della camicia come a trapassarlo.

Il mio piccolettoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora