Capitolo 16

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<Tu resta qui, kitten.> ordinò il castano mentre si trascinava il rosso, tenendo un suo braccio attorno al proprio collo.
Thomas annuì lievemente e distratto, ancora confuso.

Quello che era successo lo stordiva ancora.
Jonathan l'aveva salvato.
Ok, l'aveva fatto perché lui era “di sua proprietà” e perché di sicuro voleva essere il cacciatore il primo a farselo ma... Aveva scorto in quegli occhi neri una strana luce che lo aveva fatto sperare e che l'aveva... confortato, in qualche modo?

Si poteva dire quella parola nei confronti del proprio solitamente gelido, stronzo e ghignante umano carceriere?
Con ogni probabilità no, eppure in quei secondi aveva sentito un enorme conforto fissando quei due pozzi oscuri che non gli erano sembrati cosi spaventosi.
Ma più come la notte che lo proteggeva dallo sguardo di umani e poliziotti. Un buio che gli voleva bene e che lo aiutava.

Intanto il castano scese le scale con attenzione, facendo un passo alla volta anche perché non aveva la grande voglia di farsi un ruzzolone verso le 2:15 di notte e ammaccarsi dappertutto, rischiando pure una slogatura o peggio.

Arrivato al piano terra sentì la voce di una ragazza dai capelli biondo cenere, amica intima di Kyle, chiedere spaventata: <O mio Dio! Che è successo a Kyle?! Si è fatto male?!> e corse incontro a Jonathan, issandosi lei attorno al collo l'altro braccio del rosso. Non pareva, ma era molto forte per riuscire anche solo a sostenere così bene metà del peso di uno come quel rossiccio.

<Avevo deciso di aspettare quattro minuti prima di andarlo a cercare, in caso si fosse fatto male visto che era più che ubriaco. L'ho trovato in bagno che farneticava di qualcosa, anche riguardo a dei kittens in casa mia e, a tratti, di cospirazioni contro il governo.> si inventò sul momento il castano.

<Ma non hanno alcun nesso logico.> puntualizzò Logan, guardandolo perplesso.
<Non credo che ne dovesse avere, d'altronde stava farneticando.> sottolineò il cacciatore e il biondiccio fece una scrollata di spalle, come a dire che aveva un suo senso.

<E se farneticasse di nuovo su un mio presunto kitten, ditegli che se lo è immaginato perché qui dentro non c'è alcun kitten.> e con i suoi occhi gelidi squadrò tutto il gruppetto, come a cercare qualcuno che osasse sfidarlo.
Nessuno, intelligentemente, ci provò.

Sarebbe stato ucciso da uno sguardo se essi avessero potuto fulminare e sicuramente reso un livido unico a forza di botte. Il cacciatore, se voleva, non ci andava piano con nessuno.

<Vabbè, ora anche noi andiamo. Siamo gli ultimi. Alcuni se ne sono andati senza neppure cercarti.> comunicò Jack e Jonathan commentò senza sbilanciarsi: <Non mi crogiolo di certo nella disperazione per una cosa di questo calibro.>

Tutti gli altri stavano uscendo e oramai era rimasto solo Jack Mondpint, l'unico a legarlo sul serio ad un passato che aveva sepolto nel profondo del proprio cuore e negli strati più lontani della mente.

Jack sorrise commentando: <Oramai sei fatto così, Jon: non te ne può importare di niente, o quasi. Ancora, dopo tutti questi anni, mi ci devo abituare. Alla prossima, cacciatore di cazzotti.> e fece un saluto con due dita allontanandole dalla fronte, molto film vecchio stile.

<Prova ancora a dirlo e finisci te pieno di cazzotti...> lo minacciò Jonathan, ma Jack rise di gusto e disse: <Potrai pure minacciare, intimorire e prendere a botte gli altri; ma io so qual è il vero te e so che reciti e tu sai che io, in fondo, sono l'unico che ti potrà sempre capire e mai allontanare. “Ancora ci incontreremo”...> salutò il moro lasciando apposta a metà la frase.
<...“e bordello insieme faremo”.> concluse Jonathan con un vero piccolo sorriso sulle labbra, per poi chiudere la porta pure all'unico vero amico che aveva.

Il mio piccolettoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora