Capitolo 26

3.6K 127 48
                                    

[N/A: capitolo di 5000 parole circa. Contro i soliti da 3000-3400. Apprezzate lo sforzo anche se ci sono punti che mi convincono meno di altri. E chiedo scusa per le ore di ritardo. Spero che il supplemento di più di 1500 parole rispetto al solito basti come scusa, anche se questo mattone è venuto fuori senza rendermene conto.]

Quando, la mattina successiva, le due cameriere entrarono e videro i due stretti in un abbraccio e con entrambi un sorriso sereno in volto... fecero diverse cose prima di interrompere quel momento. Prima di tutto appoggiarono i vassoi delicatamente sulla scrivania e poi Cassandra si concesse di unire le mani e fare un'espressione molto equivoca, che fu ricambiata da un sorriso furbetto da parte della rossa.
Poi andarono un attimo in corridoio e la bionda saltellò allegra, producendo un verso stridulo mentre Elizabeth ripeteva come in trance: <Si sta avverando>.

Calmatesi dopo qualche minuto, rientrarono, fecero un servizio fotografico coi cellulari in silenzioso e senza flash per non svegliare i due soggetti ed infine si degnarono di pensare a svegliargli. Rimisero accuratamente il cellulare in una tasca del vestito, chiusa con una zip bene nascosta, ripresero in mano i vassoi e poi bussarono alla porta con certa forza; inscenando di star appena entrando.

Assestato qualche colpo forte sulla porta in legno scuro, le orecchie di Thomas captarono il rumore e così il moro si svegliò. Si rese conto di essere avvinghiato al cacciatore e sentì le guance imporporarsi e il cuore battere forte dall'imbarazzo e non solo. Provò a scostarsi piano per evitare un brusco risveglio al cacciatore ma Jonathan, su quel campo, era sensibile nel sonno e appena il kitten tentò di muoversi venne inglobato con forza tra le braccia del castano.
Quando però questi aprì gli occhi e la sua razionalità si rese conto di essere abbracciato al kitten, sveglio, e che non era presente solo lui nella stanza, lasciò immediatamente la presa e quasi lo spintonò via.

Le risatine mal soffocate delle due cameriere distolsero i due momentaneamente da una vagonata di imbarazzo e disagio, mentre queste appoggiavano i vassoi con la colazione sulle loro gambe; mentre questi cercavano di darsi un contegno mentre si sedevano.
<Buona colazione> augurarono le due con un leggero inchino ed un vistoso sorriso divertito, uscendo subito in fretta da lì; facendo scattare la serratura come al solito.
Quando le due uscirono, la vagonata di disagio arrivata prima venne scaricata su di loro ed un silenzio teso si protrasse nel tempo e nella stanza.

Jonathan non aveva neanche avuto l'illuminazione di accendere la televisione per vedere il telegiornale e perciò gli unici rumori che c'erano erano quelli dei loro vassoi, nel mentre che mangiavano. Beh, uno si affogava nel cibo e uno aveva lo stomaco chiuso.
Con l'ansia e lo stress Jonathan aveva il problema del mangiare tanto come un buco senza fondo, ma per fortuna la sua linea (data ancora la gioventù) non ne risentiva ancora di quel suo modo di fare. Invece Thomas era l'esatto opposto: con quei sentimenti negativi così forti la testa si riempiva, lo stomaco si svuotava e rinsecchiva su sè stesso come una foglia in autunno.
Il cacciatore spazzolò via tutto, mentre il moro ebbe problemi anche solo a mangiare un cornetto e bere un po' di latte caldo. E la situazione si aggravò a causa dei cornetti e dell'ingordigia del cacciatore unita alla sua sfrontaggine, visto che agguantò un croissant dal vassoio del kitten.

O almeno tentò e fallì miseramente visto che il moro aveva provato ad agguantarsi la pasta sua di legittimo diritto nello stesso momento in cui l'altro gliela provava a fregare. Si ritrovarono con la mano del cacciatore sopra quella di Thomas, che stringeva quasi convulsamente il cornetto a causa di quel contatto inaspettato quanto pieno di imbarazzo e confusione.
Jonathan ritirò la mano come scottato e, ripreso un minino controllo su di sè, fece: <Avevo fame. E, nel mezzo del momento, ho provato a prendere il tuo cornetto.>

Non aveva detto espressamente "Scusa", ma era bene sotto inteso e il moro lo capì. Perciò sorrise e gli porse il croissant mezzo premuto: <Se vuoi, tieni. Tanto non ho fame. E... scusa per le condizioni del cornetto. L'ho un pochino schiacciato senza volere.>
Alle sue stesse parole rise poco e nervosamente, mentre però sfoggiava un suo radioso sorriso. Jonathan pensò che quel sorriso fosse particolare e, in un certo senso, magico: era disarmante e probabilmente avrebbe potuto uccidere dalla tenerezza.

Il mio piccolettoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora