Capitolo 9

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Jonathan si diede del cretino e dello smemorato appena entrò in camera propria: perché non gli aveva chiesto di quel lungo taglio?
Cosa l'aveva spinto a dirsi "Ma che me ne frega!?" e accantonare in un lato la questione?

Non lo sapeva neppure lui... aveva però avuto l'impressione che quello celasse dietro niente di granché bello e in qualche modo... ne aveva avuto compassione.
Rimase incredulo al suo stesso pensiero.

Lui compassionevole?
Oltretutto verso un suo kitten?
Impossibile.

E allora cos'era che lo aveva spinto?
Forse l'immaginarsi quel piccolo moro tutto triste e rammaricato al ricordare l'avevano demorso dal provarci solo perché non voleva vedere tutto intristito quel bel gioiellino?

Rimase con quel piccolo dubbio in testa mentre si metteva a letto e provava a prender sonno, mentre faceva zapping fra i canali alla ricerca di un programma "soporifero": abbastanza noioso e rilassante da indurre al sonno in pochi minuti.

Thomas intanto aveva ri-afferrato la camicia, se l'era abbottonata e si era messo a fissare dalla finestra la pallida luna e le stelle nel cielo.
Riconobbe qualche costellazione imparata da piccolo con il padre, grande appassionato del cielo e dello spazio.

Si ricordava che il padre gli aveva raccontato di aver rubato tanti libri sull'astronomia e astrologia in gioventù, imparando tanto e volendo trasmettergli il suo sapere al più presto.
Sentì un dolore al petto così forte, così rapido e potente da pensare che fosse fatale; e comunque fu attenuato dai bei ricordi, intrisi di malinconia negli anni.

"<Quella è la pallida Cassiopea> gli disse con voce premurosa il padre, indicandogli quell'ammasso di stelle così lontano eppure così luminoso."

Ricordava alla perfezione quella voce bassa, calda e rassicurante.
Ricordava i corti capelli biondo cenere del padre e gli occhi verde-azzurro.
Ricordava così tanto del padre per essere stato così piccolo.

"<Perché "pallida"?> chiese Thomas, che all'epoca aveva 6 anni."

Ricordava di avere una voce acuta, sottile, leggera; ed adorava miagolare con la madre divertenti canzoncine e ninna nanne.
I genitori gli dicevano che aveva una fantastica voce... Inoltre la madre spesso notava scherzando che aveva tanta pazienza per sentire il padre farneticare sempre riguardo spazio. Ma credendoci seriamente, lo elogiava per il suo acume, perché apprendeva molto in fretta.

"<Oramai gli umani hanno reso quasi impossibile vedere bene le stelle con tutte le loro luci artificiali, dimenticando che le luci più belle ce le hanno sopra la loro testa. Hanno dimenticato che dovrebbero solo alzare il volto e avrebbero una fantastica visione. Con la loro stupidità e ottusità a non guardare verso l'alto, verso il buono, hanno danneggiato la luna e le stelle. Ovviamente anche Cassiopea sta male.> spiegava il padre con una punta di malinconia, fissando tutte le costellazioni visibili in quello sprazzo di cielo."

Erano entrambi contenti quando salivano sul tetto di quella casa in periferia e fissavano quel manto stellato, nelle sere in cui sembrava che gli uomini attenuassero la propria movida notturna e spegnessero le proprie luci artificiali per fissare le incantanti luci naturali.

"<Povera Cassiopea, davvero... e anche povere Orsa Maggiore, Orsa Minore, Andromeda, le 12 dello Zodiaco e...> iniziò il piccolo Thomas, pensando a come dovevano essere davvero belle le stelle in un luogo dove c'era solo la terra ed il cielo; dove lo zampino umano non avev aancora ghermito tutto.

Il padre lo guardò dolce scompigliandogli i capelli.
<Sai un mio sogno irrealizzabile qual è, Thomas? Andare nello spazio e vedere le stelle come sono per davvero. Notare la loro incandescente lucentezza prima che si spengano e, a distanza di anni e forse pure secoli, scompaiano per sempre pure per noi. Peccato che non si avvererà mai...> sospirò l'uomo.

Il mio piccolettoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora