38: Quel qualcuno non sono io

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24 Dicembre 2003

Draco's p.o.v.

«Ce l'ho addosso, lo devi cercare.»

Pansy si lecca le labbra, invitante.

Tre mesi fa non avrei esitato ad avvicinarmi fino a incombere su di lei, mordicchiarle la bocca e infilarle una mano nella scollatura dell'abito.

Tre mesi fa, per me, era un gioco e ho fatto di tutto per far capire anche a lei che unicamente di quello si trattava.

Ora però le cose sono cambiate e quel gioco non mi interessa più.

Solo che è evidente che le mie parole sono andate a vuoto.

Mi scanso.

«Mi dispiace, Pansy. Io non sono e non voglio essere quello che stai cercando. Sei una donna bellissima e sensuale e il sesso con te è stato fantastico ma... te l'ho detto più di una volta: non c'erano sentimenti da parte mia, né mai ci saranno. E ora sento che non ha più senso nemmeno il sesso. Ti prego, non insistere.»

I suoi occhi quasi cambiano colore da tanto si sono riempiti di rabbia.

«Quindi sono stata solo questo, per te? Una bambola gonfiabile?»

«Non è stato così e lo sai anche tu. Ci siamo divertiti, insieme... e so bene che tu avevi altri amanti, li hai sempre avuti.»

«Ma nessuno di loro è te!»

«No, e forse questo è un bene, per te. Trovati un bravo ragazzo, Pansy. Qualcuno che non ti faccia male. Quel qualcuno non sono io.»

Lo schiaffo arriva forte, repentino e inaspettato. Avrei fatto comunque in tempo a scansarmi, ma non lo faccio: me lo sono meritato.

«Vaffanculo, Draco Malfoy!» ringhia lei, prima di girare sui tacchi ed andarsene a passo di marcia. Sbatte il portone così forte che temo abbia compromesso la stabilità della struttura del castello.

Resto a guardare l'atrio deserto, una mano fredda sulla guancia a calmare il bruciore.

Poi, sentendomi una vera merda, mi avvio verso i sotterranei. Verso l'appartamento di Granger.

"Trovati un bravo ragazzo, qualcuno che non ti faccia male" è quello che dovrei dire anche a lei, anziché presentarmi alla sua porta affamato di qualcosa che nessuno mi può dare.

Non ne sono capace, però.

Non ci riesco.

Mi viene ad aprire una nuvola temporalesca con la faccia di Hermione Granger.

«Sì?» chiede mentre sta ancora aprendo il battente, e in quella sillaba sono concentrate intere minacce. Cosa le sarà successo? Poi mi vede. «Oh, sei tu.»

Dal suo tono, si potrebbe dire che al posto mio ha visto il Signore Oscuro in persona.

Una brutta sensazione strizza il gelo che ho nello stomaco.

«È un brutto momento?» le chiedo, titubante.

«Per te di sicuro: cosa ci fai alla mia porta, anziché di là a letto con Parkinson?» sbotta e tutto mi si fa chiaro.

Ci ha visti in salotto, o almeno, ha visto una parte di quello che è successo.

È... gelosa?

Merlino, al solo pensiero mi si contrae il basso ventre e il mio stomaco, insieme al gelo, si riempie di farfalle.

Apro la bocca, la richiudo, non so cosa dire.

Alla fine mi attesto su un semplice: «l'ho mandata via.»

Lei inarca un sopracciglio.

«Beh, avete fatto in fretta» constata caustica e io avvampo.

«No, non... noi non...»

«Non importa, non sono affari miei. Cosa vuoi, Malfoy?»

"Te. Voglio te. Anche se non dovrei, anche se ti farò male, anche se soffrirò come un cane, voglio te" dovrei dirle, ma non ci riesco.

«Posso entrare?»

Lei scrolla le spalle e si fa da parte.

«Come ti pare. Sappi che tra mezz'ora devo partire per andare dai miei.»

«Oh, vai via?»

«Stasera e domani, sì.»

Il suo appartamento è così diverso dal mio che non mi sembra vero che la disposizione e le dimensioni dei locali siano le stesse.

Dove il mio studio è spoglio e gestito con la precisione militaresca che ho imparato negli anni di fuga, il suo è un rigoglio di libri, calderoni, mensole zeppe di bottigliette e flaconi, soprammobili e quadri.

Il suo salotto è zeppo di cuscini colorati e fiori. In un angolo c'è uno stereo babbano, in un altro un enorme vaso e ovunque sono accatastati libri di tutti i tipi, magici o babbani. Ciò che lo rende una vera casa, invece dello spoglio dormitorio che è il mio, sono però le fotografie che ricoprono ogni superficie lasciata libera dai libri. Dominano quelle degli altri due membri del Golden Trio e della Potteressa, ma in ogni angolo sorridono anche Lovegood, Paciok, gli altri professori, tutta la famiglia delle donnole, parecchi Grifondoro e tutti coloro che hanno fatto parte dell'Armata di Silente.

In un angolo, un po' discoste dalle altre e circondate da ninnoli e fiori, le foto di Fred Weasley, Lavanda Brown, mia cugina Nimphadora col professor Lupin, Sirius Black e Colin Canon. E Silente.

Sento un groppo in gola e, in questo momento, vorrei essere ovunque tranne che qui.

«Se hai finito di esaminare l'arredamento, vorrei capire cosa ci fai qui.»

«Io, ehm... sono venuto ad accertarmi che stessi bene, dopo il caos di ieri sera» mi arrabatto, sapendo che è una scusa debole.

Lei si mette a preparare un tè, scaldando con la bacchetta dell'acqua in una buffa teiera a cuori. La versa nelle due tazze coordinate e mi invita a sedermi sul divano.

Beviamo in silenzio, mentre una vocina nella mia testa mi pungola. "Dì qualcosa, qualsiasi cosa!"

«Io, ehr» borbotto «volevo dirti che non c'è niente tra me e Pansy.»

La piega sarcastica del suo sopracciglio diventa sempre più pronunciata.

«Non vedo perché lo vieni dire a me. Se vuoi rompere con lei, è con lei che dovresti parlare.»

«Le ho parlato fino a diventare cianotico. Crede che solo perché noi... beh, che può avanzare pretese su di me, ma non è così. E comunque è successo tutto prima che io venissi a lavorare qui» bofonchio. Mi sto incastrando tra il mio cuore impazzito e le parole che non ne vogliono sapere di uscire come io vorrei.

Perché proprio lei deve farmi sentire così? Perché, perché mi sento così?

Il gelo è più semplice, il gelo lo so gestire. Questo... questo tumulto che ho dentro, che mi prende la gola e lo stomaco e il cazzo, è qualcosa che non riesco a controllare. Non riesco a reprimere.

«E io cosa devo fare? Vuoi che ti faccia da ambasciatore, che vada a dire alla mia "amica" Pansy che non vuoi stare con lei, come se avessimo quindici anni?»

C'è da dire una cosa di Granger: non risparmia sul sarcasmo.

E forse in fondo è meglio così.

Forse l'illusione di poter avere anche solo un attimo con lei è sbagliata.

Forse è meglio che io me ne vada fuori, a correre nella neve per combattere il ghiaccio che ho dentro, anziché sperare come un idiota in qualcosa di impossibile. Non ha senso combattere, non ha senso rischiare quel poco che mi rimane di me stesso per una briciola di felicità effimera come una farfalla.

Mi alzo e, facendolo, sento il vuoto dentro di me pulsare, espandersi, mangiare ancora un altro pezzetto di ciò che sono.

«Niente, Granger, non voglio niente.»

**Riuscirà il nostro Draco a raggiungere il suo obbiettivo? Stay tuned ;) **

After Dark - A Dramione Story #Wattys 2019Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora