57: Per le mutande a cuoricini di Merlino

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2 Febbraio 2004

Hermione's p.o.v.

Da tre giorni Poppy mi ha dimessa, e da tre giorni Draco mi evita.

O meglio, da due, perché il primo giorno, venerdì, ho avuto l'ordine di starmene tranquilla – o meglio, carcerata – nel mio appartamento anche se ormai stavo già decisamente bene: non certo un miglioramento rispetto al dover rimanere a letto in infermeria. Mi è perfino toccato consumare lì tutti i pasti, e per fortuna Luna, Neville e Ron hanno deciso di tenermi compagnia a turno, altrimenti sarei morta di noia. Con Ron c'è ancora un certo grado di imbarazzo, ma a quel punto preferivo l'imbarazzo al silenzio delle mura che mi circondavano, soffocandomi.

Ho cercato di costringerlo a dirmi cosa sta succedendo, nel mondo esterno, ma lui con aria sofferente mi ha fatto capire che gli era stato imposto di fare lo gnorri. Beh, non mi arrendo e, una volta rimessa in sesto del tutto, cercherò io stessa le risposte che lui non può darmi. Sono io quella che si è beccata la coltellata in pancia, accidenti!

Al momento, però, ho un altro problema tra le mani, che mi preme con ugual forza.

Quando, sabato mattina, mi sono alzata piena di energie per la mia ritrovata libertà (e con il taglio, ormai chiuso, che tirava un po', ma in maniera del tutto sopportabile), mi sono resa conto di una cosa: parlare con Draco si sta rivelando una sfida più grande di quel che potessi pensare, non solo perché non so ancora bene come affrontare l'argomento "noi", ma soprattutto perché non sono ancora riuscita a incrociarlo in un momento adeguato. Ha latitato per tutto il fine settimana, piombando nella Sala Grande per piluccare del cibo al volo prima del mio arrivo (così mi hanno detto gli elfi domestici) ed evitando del tutto di farsi vedere quando ho mangiato la foglia e mi sono presentata in anticipo. Per il resto del tempo è semplicemente sparito dalla circolazione.

Oggi è lunedì e ho ricominciato con le lezioni, congedando con grande soddisfazione l'incapace che mi sostituiva, e quindi non ho potuto raggiungerlo sul campo di Quidditch.

E mi manca. Mi manca la sua voce, il suo profumo. Mi manca la sua presenza confortante accanto al mio letto. Mi manca il suo corpo allacciato al mio sotto le coperte, anche se l'ho avuto solo per poco.

Mi manca al punto che, concentrata sul vuoto che la sua assenza ha lasciato dentro di me, sono scivolata attraverso questa giornata di lezioni come se fosse fatta di nebbia e ora non mi rendo nemmeno più conto di ciò che mi circonda. Mi ritrovo a vagare per la biblioteca, dove in teoria dovrei recuperare un libro, ma in pratica non faccio altro che osservare senza vederle le etichette sui vari scaffali, con come unico conforto il profumo delle pagine nelle narici.

Giro un angolo senza nemmeno capire perché e mi trovo a sbattere contro qualcuno.

Sbalzata all'indietro, vengo assalita da una poco piacevole fitta alla ferita.

«Hey, stai un po' più... Granger?» La voce di Draco mi riscuote dal mio torpore. Sollevo lo sguardo e lui è lì, e mi fissa mentre il suo odore mi avvolge come una coperta, un velo di preoccupazione negli occhi grigi. «Ti sei fatta male?»

Mi raddrizzo, ignorando una nuova fitta.

«No, non preoccuparti, sto bene.»

Sorrido, ma vorrei gridargli che no, non sto bene, e la colpa e sua e del fatto che continua a fingere che non ci sia nulla tra di noi. Perché invece qualcosa c'è, c'è e viaggia sulla frequenza della tensione del suo corpo, pronto a scattare ma incapace di farlo.

Sollevo una mano e, con studiata lentezza, gliela appoggio su una guancia. I suoi muscoli guizzano, ma non si ritrae.

«Mi hanno detto che sei stato tu a trovarmi, quando ero incosciente. Grazie» gli dico con semplicità, cercando di convogliare nel tono e nello sguardo tutto quello che vorrei dirgli se fossimo da soli in un posto più isolato.

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