84: Nonostante tutto

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6 Febbraio 2004

Hermione's p.o.v.

Per la prima volta in tre anni scopro il lato negativo del lavoro di professoressa.

Comportarmi in modo irreprensibile non mi è mai pesato, prima. Ora invece...

Ora odio non poter tenere per mano il mio ragazzo nei corridoi. Odio non poterlo accogliere con un bacio quando ci incontriamo nell'atrio dopo le lezioni, dover confinare le tenerezze alle nostre stanze.

Ed è solo il primo giorno.

La mia parte razionale mi ricorda che sono fortunata, perché anche lui lavora qui e possiamo vederci ogni giorno, ma in questo momento ho solo voglia di mandare a quel paese la parte razionale per un po'.

Sorrido a Draco sopra il vassoio di arrosto fumante e lui mi sorride di rimando, fissando quei suoi occhi straordinari nei miei. Per un attimo il cibo, i colleghi, i ragazzi sbiadiscono fin quasi a scomparire e solo lui rimane, colorato e rumoroso, ormai centro del mio mondo interiore.

Neville, alla mia sinistra, tossicchia e i rumori e i colori di una normalissima cena a Hogwards tornano a invadermi la mente.

«Che c'è?» gli chiedo, più bruscamente di quanto non farei di solito.

Lui scoppia a ridere.

«Ehi, calma, colombina. Ti ho solo chiesto di passarmi l'acqua. Tre volte.»

Io afferro la brocca e gliela piazzo davanti.

«A proposito di colombini, come sta Hannah?» chiedo melliflua.

Lui diventa così rosso che Pomona gli lancia un'occhiata perplessa.

«Ehm... ok, Herm, vi lascio in pace.»

Draco sogghigna nella sua coppa di succo di zucca. Immagino stia ricordando la scenetta al party di Natale di George.

Un frullo d'ali ci fa alzare la testa. Un gufo a quest'ora?

Perplessa e con una vaga inquietudine in fondo allo stomaco osservo il volatile fare un giro intorno al soffitto, in planata, e dirigersi verso il nostro tavolo.

L'inquietudine si trasforma nel peso freddo della preoccupazione quando esso atterra davanti a Draco, protendendo la zampetta.

Lui ha cancellato ogni espressione dal viso e, in silenzio, si protende a staccare la pergamena arrotolata. Sebbene i miei colleghi continuino a portarsi il cibo alla bocca e a masticare, sono sicurissima che tutto lo stanno osservando di sottecchi mentre legge muovendo solo gli occhi, in attesa di capire quale altro casino si stia per abbattere sulla nostra testa.

Decisamente, è difficile essere ottimisti in questo periodo.

Draco ripiega il foglio, infilandolo in tasca, poi fissa il piatto per lunghi secondi, ma so bene che non sta guardando la fetta di arrosto mezza mangiata che ha davanti.

Quando infine alza lo sguardo su di me, al centro dell'espressione neutra che indossa solo i suoi occhi riescono a esprimere il tormento che prova, e che mi colpisce come un pugno.

«È della signora Parkinson.»

«Signora... Sarebbe la madre di Pansy?» chiedo, senza capire.

«Sì. Papà... a quanto pare è andato a casa loro, ieri. L'hanno ospitato per la notte, ma oggi hanno commesso l'errore di provare a convincerlo a riappacificarsi con me. Ha iniziato a dare in escandescente in modo così violento e scomposto che alla fine l'hanno dovuto pietrificare e portare a San Mungo, per evitare che facesse male a sé stesso e a loro.»

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