2: Same old story

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Agosto2003

Draco'sp.o.v.


La casa è buia, troppo.

La casa è buia, sempre.

Sospiro, posando a terra la mia sacca appena dentro l'ingresso.

Non voglio essere qui. Voglio essere ovunque tranne che qui.

Solo pochi giorni, mi dico, avviandomi in direzione del salottino di mia madre.

«Padre?» chiamo con cautela, prima di entrare. L'ultima volta che l'ho sorpreso mi ha quasi ammazzato. E, credetemi, non è facile ammazzarmi.

Lui solleva appena la testa dalla pergamena che sta leggendo, mi squadra dalla testa ai piedi, torna ad abbassare lo sguardo.

«Non è ora che inizi a vestirti come si conviene alla tua posizione, Draco?» La sua voce è gelida, come se stesse rimproverando un elfo domestico sempre tra i piedi, non un figlio che non vede da mesi. Vorrei urlare, scuoterlo dal mondo incantato in cui vive.

"Quale posizione, papà?" vorrei gridargli. Se dovessi vestirmi in base al modo in cui il mondo magico ci vede adesso, me ne andrei in giro ricoperto di stracci sporchi. Non grido, però. Non più.

«Sì, padre. Stavo giusto per andare a cambiarmi.»

«Vedi di farlo al più presto. E togliti di dosso quest'odore di babbano, se continui di questo passo inizierò a pensare che sei un traditore del sangue.»

Forse si riferisce al fatto che l'ultimo pasto l'ho fatto in un fast-food babbano e ai vestiti è rimasto attaccato odore di fritto, oppure è tutto solo nella sua testa.

«Sì, padre.»

«Cerca di essere presentabile, per cena.»

«Sì.»

Mi sbircia di nuovo.

«Hai ucciso qualcun altro, o la lista si ferma a tua madre, Draco?»

Chiudo gli occhi, inspirando a fondo, e stringo le labbra.

«Ti ho fatto una domanda.»

Scuoto la testa. «No.»

«Come immaginavo. Ora va', ho da fare.»

Da fare... progettare vendette irrealizzabili. Contro il Ministero. Contro i Mangiamorte. Contro i traditori del sangue. Perfino contro i Babbani. Anche contro di me, immagino. Qualunque essere vivente gli ha fatto un torto, probabilmente anche solo respirando.

Qualunque essere vivente... tranne lui stesso, ovviamente.

Cerco di rendere il mio cuore di pietra, di non lasciarmi ferire da quegli attacchi, ma non è sempre facile. Lui è l'unico che è ancora in grado di scalfirmi.

Torno in corridoio con l'intento di recuperare la mia sacca dall'ingresso, poi mi ricordo dove sono. Gli elfi domestici avranno già provveduto a portarla nella mia vecchia stanza. È strano, dopo tutti questi mesi da solo. Sarei dovuto tornare prima, lo so, ma non riuscivo a decidermi. C'era sempre qualcosa da fare o forse, forse era solo che non volevo venire qui, recitare per l'ennesima volta un copione assurdo, ritrovarmi rinchiuso in queste mura buie e fredde e miserabili con un vecchio rancoroso.

Vecchio... a quarantanove anni mio padre è vecchio, reso tale dalla guerra, dalle ferite e dalla prigionia. Reso folle dall'amarezza. Dalla perdita di mia madre, che ci guarda da ogni angolo di questa casa. Da ogni mobile, da ogni fotografia, dallo sguardo accusatorio dei fiori quasi morti nel suo giardino, che gli elfi non sono in grado di mantenere rigoglioso come faceva lei.

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