46: Io, lei e le onde

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28 Dicembre 2003

Draco's p.o.v.

Il costume non le è durato addosso molto a lungo.

Nemmeno il mio, se devo essere del tutto sincero.

Abbiamo fatto l'amore sul pavimento, sul tappeto di ritagli di stoffa intrecciati, e quel fugace dubbio che mi ha preso,che lei stesse semplicemente obbedendo alla mia volontà dato che oggi deve fare tutto ciò che voglio, si è dissolto sotto la spinta del suo ardore.

Il suo corpo canta per il mio ed è una melodia che non mi stancherei mai di ascoltare.

Come quella dell'oceano, fuori da questa casetta, che ci culla mentre restiamo abbracciati, nudi, sudati e impiastricciati di crema solare.

Per un folle attimo sono tentato di mettermi in ginocchio e pregarla di rimanere con me, in questo posto lontano dal mondo. Io, lei e le onde... per sempre.

La sento muoversi, irrigidirsi tra le mie braccia.

«Draco?»

«Dimmi» mormoro nei suoi capelli che sanno di buono, di sudore e di noi, cercando di soffocare un inevitabile senso di delusione. Mi rendo conto benissimo di quanto sia stupido quel sogno: io potrei vivere isolato per il resto della mia vita, lei no. Lei ha degli amici, un lavoro che adora, ambizioni per il futuro... e tra di esse non c'è di sicuro quella di stabilirsi su uno scoglio isolato di roccia lavica in mezzo all'oceano, a pescare aragoste.

«Non è carino da parte tua procrastinare in questo modo la mia punizione.»

«Punizione?»

«Beh, ho perso la scommessa e...»

«E hai pensato che quello stronzo di Malfoy non vedesse l'ora di approfittare della situazione e importi chissà quale ridicolo compito.»

Allento la presa delle mie braccia su di lei e mi alzo, diretto verso il frigo. Tiro fuori una birra. È un po' presto ma non me ne frega niente.

Mi giro verso Granger, che mi guarda confusa ma almeno ha la buona creanza di essere arrossita.

«Beh, sai che c'è? L'unico compito che avevo in mente per te, per noi, era quello di trascorrere una giornata rilassante, godendoci la spiaggia e l'oceano. Ed è ciò che ho ancora intenzione di fare. Tu fa' pure quel che vuoi.»

Infilo la porta d'ingresso, con la bottiglia in mano ma senza nemmeno rimettermi il costume. Qui non serve a nulla.

L'aliseo mi investe il corpo, avvolgendomi nel suo abbraccio mordente e io apro le braccia, lasciandomi colpire dalle raffiche. Sento la treccia che sbatacchia sulla schiena, il sole sulla pelle e, in un modo che non mi so spiegare ma che si ripete ogni volta che vengo qui, mi sento subito meglio. È come se questa terra, arida come il mio animo, riesca a sussurrarmi nelle orecchie parole di conforto. Per non parlare del clima caldo e asciutto, che a volte riesce quasi a farmi scordare il mio gelo.

«Draco, aspetta.» Granger è uscita di casa e ora sta saltellando verso di me, cercando di infilarsi lo slip del costume mentre cammina. «Mi dispiace, ok? Sono un'idiota. È solo che non mi aspettavo tutto questo e...»

«Lasciamo perdere, d'accordo?» le dico, tornando a voltarmi verso l'Atlantico. Porto la bottiglia alla bocca e prendo un lungo sorso.

Lei mi si affianca, strizzando un po' gli occhi nel vento.

«No, non lasciamo perdere. Voglio spiegarmi. La fiducia non nasce già bella che pronta in una notte, sai? Bisogna lavorarci, e anche sbagliare a volte, comprendere il proprio sbaglio e chiedere scusa. Ho sbagliato. Non sono stata capace di scrollarmi di dosso le paure di Hermione tredicenne e ti ho ferito. Mi vergogno tantissimo, ma farò il possibile per farmi perdonare, se me ne darai la possibilità.»

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