20. Gelosia

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MARTEDÌ 22 DICEMBRE 2015

Oggi è l'ultimo giorno di scuola, prima dell'inizio delle vacanze di Natale, e Damiano al mio arrivo – come sempre in ritardo – davanti ai cancelli ha sfoggiato un maglione verde abete, che sopra alla sua pelle liscia e macchiata di nei, fa venire voglia di stringerlo, assorbendo il suo profumo fin dentro le ossa; anche quell'odore antipatico del fumo mi va bene, quello che infesta le mie narici quando lo raggiungo, scuoto la testa perché una gocciolina d'acqua ha raggiunto il mio naso, anche se non sta piovendo, e lo guardo guardarmi, mentre getta la sigaretta sul marciapiede umido e piroetta verso le scale, più energico di altre mattine.

Come me, invece del solito zaino grigio sulle spalle, ha portato solo una sacchetta, in cui probabilmente ha buttato unicamente il portafoglio e le sue inseparabili sigarette Camel, e questa dondola sulla sua schiena mentre saliamo la scalinata e superiamo l'ingresso; qui il tepore dei termosifoni di scuola rende ancora più evidenti le mie gote, irrorate di sangue, mi sento un folletto del natale e mi chiedo se gli sembro buffa con le guance alla Heidi, dato che un sorriso incauto gli è sfuggito tra le labbra.

Ridi di me?

Oggi, trattandosi dell'ultimo giorno, non avremo lezione, ma nonostante ciò dobbiamo comunque recarci in classe per l'appello e solo dopo potremo dirigerci all'attività che più preferiamo: assistere al concerto di Natale in aula magna o alle partite in palestra, prendere parte a qualche strano incontro nei laboratori del seminterrato o scegliere un film tra quelli proposti in sala proiezioni e infine, non molto legale ma non per questo meno in voga, rifugiarci da Mary, sul retro del cortile, per le consuete cannette da liceali un po' trasgressivi. Oggi, tralasciando il primo quarto d'ora, siamo completamente fuori dal controllo dei professori, quasi come in autogestione.

Con Zecchino la professoressa di Italiano ha lentamente concluso l'appello e finalmente posso scappare dai miei compagni di classe, mentre con la testa sono già al mio nuovo gruppo di amici, soprattutto a Margot e Damiano, il quale a sorpresa ritrovo davanti alla porta della mia aula, appoggiato al davanzale, mentre conta le sigarette che gli sono rimaste nel pacchetto. Era andato anche lui a fare l'appello nella sua classe, per poi venire qui ad aspettarmi, spiegando che l'ha fatto soltanto perché ero di strada per la porta che dà sul cortiletto esterno, quello che dopo una più o meno lunga camminata arriva alla panca denominata Mary. In effetti qualunque altra via che non passasse da davanti la mia aula avrebbe allungato il percorso, eppure non posso fare a meno di compiacermi del fatto che si sia fermato ad aspettarmi, invece che proseguire dritto dopo aver constatato che la mia professoressa evidentemente non era veloce come la sua nel fare l'appello. Buona parte della felicità che avevo avvertito a questa realizzazione, sembra volatilizzarsi quando il freddo gelido di fine dicembre mi investe di nuovo, facendomi sprofondare nella sciarpa di lana, che avevo avvolto accuratamente intorno al collo. Quella di oggi è una mattina nebulosa, che senza particolari segni di fastidio sprofonda nel tetro smog di Roma, il quale è anche più evidente dove incontra i raggi di luce che aggirano la struttura rosso terra bruciata del Montale; il frusciare delle foglie secche che scricchiolano sotto le nostre suole, per un po' rimane l'unico rumore nel raggio di qualche chilometro, a parte per un flebile clacson in lontananza e il perpetuo cigolare del carrellino di una vecchietta oltre la ringhiera.

Sia l'anno scorso che al mio primo anno al Montale, durante l'ultimo giorno di scuola, ero riuscita a rintanarmi in un'aula vuota, senza essere vista; avevo trascorso quattro ore intere a leggere, senza staccare gli occhi dalle lettere stampate sulla carta, se non per sistemarmi meglio contro la superficie irregolare del termosifone. Quel tepore adesso lo rimpiango amaramente, ma non sono così squilibrata da rinunciare alla compagnia di Damiano per via del freddo, così con il naso che si nasconde dietro la lana, lo seguo mentre sposta il mare di foglie, calciandole coi piedi, e cammina verso la panca che al nostro arrivo è ancora un luogo desolato e triste.

Damiano | Limerenza e DissimulazioneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora