MERCOLEDÌ 4 NOVEMBRE 2015
Nel preciso istante in cui il suono stridulo della campanella dell'ultima ora riempie il silenzio che fino a poco fa aveva aleggiato nell'aria, una mandria di studenti si precipitano di fretta verso la porta di legno verniciato, scaraventandosi fuori senza neanche preoccuparsi di salutare, solo pochissimi di loro hanno accennato un 'au revoir' al professore davanti a me; questi riesce a malapena ad informarli della sua assenza alla prima ora di venerdì, prima che siano ormai troppo lontani per sentirlo. Fortunatamente a me non è sfuggita la comunicazione perché essendo appena stata interrogata non sono potuta fuggire via in tutta fretta come il resto della mia classe: ho dovuto temporeggiare e recuperare il diario dove in questo momento il professore sta segnando con occhio critico un misero sette e mezzo. Sono profondamente affranta dal voto ricevuto, sapevo di poter fare molto di più, ma alla fine l'agitazione ha avuto la meglio e ho finito per balbettare e incespicare su cose che avevo studiato alla perfezione. Quello stupido sette e mezzo non è da me, anche se effettivamente non ho mai eccelso nelle prove orali, anzi sono gli scritti a garantirmi una media che si aggira intorno al nove, eppure quando metto piede fuori dalla classe, con un'espressione buia in viso, so di essere completamente insoddisfatta di me stessa. L'unica cosa che in effetti mi tira un po' su il morale è la notizia dell'assenza del professore proprio durante la prima ora di venerdì, giorno in cui affronterò l'interrogazione di Italiano; sicuramente ci faranno arrivare i permessi da far firmare ai genitori per entrare un'ora dopo e così potrò utilizzare quell'ora per ripassare. Nonostante questa magra consolazione il mio viso è ancora estremamente teso quando attraverso le porte vetrate di uscita e già da qui posso vedere Damiano, fuori dal cancello, appoggiato al suo scooter, con il casco in mano, un piede per terra e uno sulla parte bassa del motorino. La spessa coltre di nubi che copre il cielo sopra di noi, rendendolo di un bianco sporco e opprimente, blocca al suo interno quasi tutti i raggi di sole, eppure sembra che gli unici che riescono a trapassare quello schermo di nuvole, si concentrino solo sulla chioma scura di Damiano, come un occhio di bue illumina il centro del palco negli attimi di tensione. È tremendamente bello anche oggi e io mi chiedo come si faccia a non rimanere incastrati nelle lunghe ciglia che gli incorniciano quegli occhi grandi, poco prima che, dopo averlo raggiunto, la mia attenzione venga richiamata dal ragazzo riccio che evito da settimane. La richiesta che mi rivolge Marco e che rifiuto senza pensarci un secondo è quella di andare con lui al parco, come avevamo fatto settimane fa, quando avevo trovato il coraggio di chiedere a Damiano se gli interessava prendere ripetizioni da me. È ovvio che dopo quel pomeriggio, trascorso a fissare il vuoto e a respingere la nausea, causata dall'odore di erba che riempiva l'aria intorno a noi, non avrei neanche più preso in considerazione l'idea di tornarci e l'interrogazione di Italiano sembra essere la scusa giusta per rifiutare prontamente l'invito.
"E invece sabato alla festa ci vieni o mi dai buca pure per quella?" riprende il ragazzo di fronte a me, non perdendosi d'animo, mentre io al contrario realizzo in un nanosecondo che quello che cercavo di evitare da settimane è appena successo, in questo istante, con Damiano mezzo metro più in là, ancora comodo contro il suo motorino, Margot e un ragazzo di cui non mi ricordo il nome, esattamente di fianco a noi. La riccia mi lancia un'occhiatina, come per farmi capire che ha sentito benissimo l'invito di Marco.
"Non penso di venire..."
"Come no! Avevo capito che saresti venuta!"
Questa volta è Margot a mettermi in difficoltà, subentrando nella discussione non appena mi ha sentita divagare. Ho i nervi a fior di pelle per quel maledetto sette e mezzo di francese, se guardo Margherita mi arrabbio ancora di più perché non si è fatta gli affari suoi, le labbra carnose di Marco invece mi fanno solo pensare a quello che ne è uscito quel giorno in cortile con la mia conseguente nausea e ovviamente sento lo stomaco attorcigliarsi ancora di più. L'unico che in questo momento guarderei senza rimorsi è Damiano che dopo aver salutato il ragazzo con cui stava parlando ha portato la sua attenzione sul cellulare e sembra non degnarci di uno sguardo. Spero solo che non faccia caso al fatto che mentre con lui qualche giorno fa sembravo propensa a prendere parte alla festa ora che è Marco a chiedermelo è tutto il contrario. Purtroppo però i miei amici non hanno intenzione di mollare la presa e mentre io mormoro con tono svogliato che non ci voglio venire, sfruttando qualunque scusa, dallo studio, agli improbabili incontri di atletica di sabato sera, loro continuano ad insistere affinché venga anch'io.
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Damiano | Limerenza e Dissimulazione
FanfictionÈ come se con quello sguardo riuscisse a dirmi che ha notato i miei capelli sciolti e il trucco sul mio viso, e nel silenzio del suo osservare si stesse complimentando. Come era già successo altre volte con lui, il tempo si espande, dandomi motivo d...