"Chi so' le più sgamate?"
La voce del professor Rizzo, nell'immancabile accento romano, mi sradica dal mio stato di temporanea assenza, deconcentrandomi dalla mia ricerca disperata. Un attimo dopo viene fatto il mio nome insieme a quello di Letizia, dell'altra classe. Siamo ammucchiate in cortile e prima che fossi richiamata alla realtà i miei occhi stavano vagando disperati per il campetto da calcio poco più in là, alla ricerca di un ragazzo in pantaloncini da basket e della sua aura quasi divina. Purtroppo però Damiano, di nuovo, non si vede da nessuna parte.
Il signore sulla cinquantina, capelli brizzolati e tuta dell'Adidas che abbiamo accerchiato in attesa di indicazioni non avrebbe potuto gestire una lezione con due classi al completo, così ci ha portate in cortile, per dividerci tra il campetto da calcio, quello da basket e i due di pallavolo, che tappezzano l'area centrale, circondati dal lungo corridoio per la corsa. Ovviamente la maggior parte dei ragazzi si era già impossessata del campo da calcio, prima ancora che mettessimo piede in cortile, e il prof vuole due o tre ragazze che vadano a completare la squadra di pallavolo dei ragazzi. Io e tale Letizia siamo le prescelte, decisione che, almeno per me, passa in secondo piano quando le porte vetrate che portano alle palestre si aprono all'improvviso, mostrando un magnifico Damiano in jeans, stessa maglietta di stamattina e una palla da pallavolo in una mano. Per i primi splendidi secondi in cui entra nel mio campo visivo, mi perdo nell'osservare stralunata il suo passo sicuro e molleggiato, con il sole che gli inonda il viso costringendolo a socchiudere gli occhi infastidito.
'O sai, quanto sei bello, vero Damià? Quanno passi per li corridoi de scola, le vedi le ragazze che si fermano a guardatte, eccome se le vedi.
Come me probabilmente 'n s'accorgono di trattenere il respiro.
Ma tu lo sai se il motivo, per cui tutte ste scolarette si privano dell'ossigeno, è lo stesso mio?
Magari per loro sei 'n ragazzo dal fisico perfettamente proporzionato, co' st'occhi che t'affettano come lame lucenti, l'atteggiamento borioso, e il portamento d'un re.
Magari nun la possono vedè quella scintilla, quel luccichio, quer mare de colori che te porti appresso e il modo in cui azzeri i contorni, come se nun servissero più a gnente e a gnessuno.
"David, te nun giochi, chiaro?" sento sbraitare il professore proprio dietro di me, e i viaggi che si stava facendo la mia immaginazione vengono stroncati sul nascere. Solo ora mi rendo conto del suo abbigliamento, anche oggi deve essersi dimenticato il cambio per le ore di educazione fisica, anche se sono più propensa a pensare che ormai lo faccia di proposito, forse per infastidire il professore, forse per il poco interesse che gli suscitano gli esercizi che si svolgono in palestra, o forse semplicemente perché muore dalla voglia di sfruttare quelle due ore per fumarsi una canna sotto la passerella, seduto alla panca che qui al Montale porta il nome di Mary, così che quando un ragazzo con il cappellino da rapper e le mani nelle tasche dei pantaloni larghi dice 'nnamo da Mary' sai perfettamente a cosa si sta riferendo.
" 'A palla ce l'ho io prof" lo sento ribattere con un'espressione di scherno dipinta su quel viso perfetto, l'angolo destro della bocca e le sopracciglia sollevati mentre finge di ritrarsi portando con sé la palla come fosse un tesoro.
"Prossimamente dovrai tenere a mente che se voi giocà te devi portà cambio e scarpe e affrontare anche il resto della lezione, David" gli risponde di nuovo il professore, questa volta con un tono meno ironico di prima: questo non ammette repliche.
Rizzo incarna perfettamente il tipico professore di educazione fisica di un comunissimo liceo: perennemente impegnato nell'organizzazione di qualche attività sportiva extracurricolare, in lotta con la maggior parte del corpo docenti perché fosse per loro ci terrebbero relegati in classe tutti i giorni dell'anno; è l'amico degli studenti, quello che conosce tutti i soprannomi che affibbiamo ai suoi colleghi, ma per fortuna ancora non conosce il suo: 'Drizzo' lo chiamano, e la leggenda narra che ciò che per ovvi motivi gli è valso il soprannome sia quella tuta dell'Adidas che spesso si gonfia in prossimità del cavallo, anche se non ho mai abbassato lo sguardo per verificare le dicerie. A chi verrebbe in mente di guardare il pacco ad un professore? Ad ogni modo Drizzo è anche la stessa persona che se intravvede poco coinvolgimento durante sue lezioni allora salta su come una molla e ti rimette in riga con il suo vocione da uomo delle caverne in meno di mezzo secondo, e arrivederci all'amico degli studenti.
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Damiano | Limerenza e Dissimulazione
FanfictionÈ come se con quello sguardo riuscisse a dirmi che ha notato i miei capelli sciolti e il trucco sul mio viso, e nel silenzio del suo osservare si stesse complimentando. Come era già successo altre volte con lui, il tempo si espande, dandomi motivo d...