33. In moto sempre in due

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Quando finalmente rivedo il familiare portone di casa non è passato un quarto d'ora scarso, come avevo previsto, ma probabilmente più di un'ora, e il mio umore è totalmente cambiato rispetto a quando mi ero issata svogliatamente sullo scooter di Damiano. Dopo che aveva messo in moto avevo smesso di fare attenzione alla strada, perdendomi completamente nell'ammirare il brillare del sole sul verde del viale alberato, nel godermi l'aria fredda sulla superficie scoperta delle mie mani e delle mie guance e il frusciare delle foglie degli alberi al nostro passaggio, tanto che solo una decina di minuti dopo mi ero resa conto che la strada che aveva imboccato Damiano per riportarmi a casa non era la solita. Avevo atteso ancora una manciata di minuti prima di chiederglielo direttamente, dato che temevo di fare una brutta figura nel non sapere minimamente dove fossimo, nonostante io sia nata e cresciuta a Roma.

"Di qui non ci siamo già passati?" ho domandato alzando la voce il più possibile per sovrastare il rumore delle macchine ferme al semaforo come noi, mentre osservavo la croce verde sgargiante della farmacia che mi era sembrato di aver già visto in precedenza, seguita dal kebabbaro poco più avanti. Damiano aveva annuito senza sprecare fiato.

"Ti sei perso? Hai sbagliato strada?" ho continuato, cercando di non far trapelare troppo la mia incredulità. Ma lui aveva negato. Solo dopo altre rotonde, incroci e lunghi rettilinei accompagnati dal rombare del motore avevo capito: non mi stava portando a casa.

"Non ti rilassa?" mi aveva chiesto dopo un po', di nuovo fermo ad un semaforo, l'ultimo prima di imboccare una strada che si allontanava dal rumore e dalle luci della città per perdersi in mezzo al verde dei campi, in una zona probabilmente periferica di Roma in cui non mi sembrava di essere mai stata prima.

"Ma dove stiamo andando?" gli avevo chiesto, osservando interrogativa il paesaggio che ci circondava, i campi verdi che ogni tanto si interrompevano per dar spazio a basse costruzioni di mura grigie.

"Da nessuna parte"

Questa era stata l'ultima frase che le sue labbra avevano pronunciato: per tutto il resto del viaggio eravamo rimasti zitti; dopo aver capito il suo intento mi ero lasciata trasportare completamente, anche aiutata dal fatto che poco dopo le sue mani avevano raggiunto senza la più minima incertezza i miei polsi, come quel giorno in cui l'avevo accompagnato dalla tatuatrice. Aveva attirato su di sé il mio corpo, che fino a quel momento era rimasto rigidamente distaccato, facendomi abbandonare docilmente sulla sua schiena, sistemando i palmi delle mie mani sul suo petto coperto dalla giacca, questa volta chiusa. Ormai sono talmente tanti i controsensi del nostro rapporto, che non so più cosa abbia senso credere e cosa invece sia completamente illogico, ma mentre mi attirava sulla sua schiena, è stato naturale e spaventosamente rassicurante pensare che avermi così vicina piacesse da pazzi anche a lui.

Quando dopo più di un'ora giungiamo a casa fatico a staccarmi dal suo corpo, e fatico ancora di più a credere che un semplice giro in motorino senza alcuna meta o destinazione, non solo sia riuscito a liberarmi la mente, ma anche a farmi cambiare idea riguardo l'atteggiamento da tenere nei confronti di Damiano, che mi delude ma riesce sempre a rimediare. Odio ammetterlo, ma mi fa sempre tornare sui miei passi, e non capisco se è una mia carenza di determinazione o è lui che intrappola, mostrando ogni volta parti inedite. Oggi ad esempio mi ha vista giù di morale e indipendentemente da quale fosse il motivo mi ha fatta sorridere di nuovo, senza buttare la spugna quando ho cercato di respingerlo. Mentre scendo dal motorino non posso fare a meno di dirgli grazie, lui si toglie il casco e non risponde, così lo osservo guardarsi intorno disinteressato; è a cavalcioni del suo scooter, i suoi capelli non sembrano essere rimasti intrappolati per ore dentro il casco, anzi sono più gonfi e ribelli del solito mentre sposta i ciuffi dal viso e si gratta scompostamente la gobbetta sul naso. Approfittando della mia distrazione allunga la mano verso la mia treccia e tira via l'elastico, riportandolo al suo polso.

Damiano | Limerenza e DissimulazioneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora