MARTEDÌ 3 MAGGIO 2016
La voce della mia professoressa di italiano diventa sempre più monotona e deprimente man mano che ci avviciniamo alla fine dell'anno scolastico, come se anche lei non ne potesse più della scuola e di questa snervante routine, e io sono totalmente d'accordo: tutto di questa classe mi ha stancata, dalle pareti pastello, ai banchi scritti, da quella lavagna triste appesa dietro alla cattedra, alle finestre aperte, fino alle persone che sono costrette a restare in quest'aula da settembre a giugno. Ultimamente odio tutto delle ore di lezione, dal brusio di sottofondo, proveniente dagli ultimi banchi, alla calma piatta delle otto del mattino, quando neanche i più chiacchieroni hanno tanta voglia di parlare. Per fortuna tra qualche mese potrò salutare queste aule spente, bearmi del sole caldo della Toscana, lontano da Roma e da tutti questi rapporti costruiti e sgretolati come castelli di sabbia, rinsecchiti sotto il sole. Invece fuori dai cancelli del Montale il sole è ancora qualcosa di cui non possiamo godere appieno, sopraffatti dall'enorme carico di studio che ci pesa sul collo negli ultimi periodi di scuola. Oggi, nonostante gli inutili tentativi della professoressa di tenerci in classe oltre il suono della campanella, ci siamo scaraventati tutti fuori, per saettare in mezzo alla folla giù dalle e scale e poi dritti a casa, persino io che di solito attendo pazientemente che gli insegnanti finiscano di parlare o di assegnare i compiti, oggi non le ho dato ascolto: nascondendomi dietro al fisico longilineo di Stefano, ho chiuso la cartella, per poi scivolare fuori dall'aula quasi fossi invisibile. Non è comunque servito a niente perché quando faccio capolino oltre le porte vetrate, Damiano è già montato sul suo motorino, posso sentire il rombare del motore che si dissolve lungo via di Bravetta, come se avesse un suono tutto suo. Mettere più spazio possibile tra lui e la scuola nel minor tempo possibile è sempre stata una sua prerogativa, però fra oggi e ieri è chiaro che oltre la scuola sta cercando di evitare anche me. Dopo sabato sera meno mi parla e più sembra contento. Lo sto seguendo con lo sguardo, allontanarsi e poi sparire oltre l'angolo, quando una mano picchietta sulla mia spalla e il viso adulto di Riccardo entra nella mia visuale, dopo che mi sono girata per cercarne il proprietario. È buio in viso, ma si sforza di sorridere mentre mi saluta e intanto caccia via educatamente un gruppetto di ragazzi, in modo da rimanere da solo al mio fianco. Oggi è il compleanno di Margot, lui mi confessa di averle ha comprato un regalo, ma che non sa se darglielo dato che tecnicamente la loro relazione è in pausa.
Ieri ancora una volta Margot mi ha resa partecipe e in qualche modo complice di qualcosa a cui non acconsentivo, raccontandomi che si sta frequentando con un nuovo ragazzo, del quale ovviamente Riccardo non sa niente.
"Matteo è 'n fregno da paura, è grande, lavora al reparto maschile di Bershka, ha sette tatuaggi e... calcola, c'ha 'n rolex tutto d'oro" m'aveva detto per decantare la sua nuova preda e io ero rabbrividita alla sua descrizione da sconti al supermercato.
Ora mi sento bloccata dal pensiero di quanto si offenderebbe Riccardo scoprendo che l'ho tenuto all'oscuro di un informazione simile, ma cerco comunque di convincerlo a tenersi il regalo, anche se lui come sempre mi chiede consigli senza poi seguirli.
"Aspetti qua con me?" mi domanda nervosamente, rigirandosi tra le mani il pacchettino rosso scarlatto. Negli ultimi giorni ho notato, avvertendo un piacere nuovamente poco motivato, che come si espone con me, mostrandosi quasi fragile e indifeso, non lo fa con nessuno, anche se non sono ancora riuscita a capire se sia meglio considerarlo un peso o un fattore d'orgoglio.
"Secondo me sbagli..."
Si è seduto sugli scalini d'ingresso, il più defilato possibile, in modo da non essere investito dalla fiumana di gente che fugge dal Montale dopo una lunga giornata di scuola; io l'ho seguito, osservando il cielo terso sopra le nostre teste e pensando che in fondo proprio non ho voglia di chiudermi in casa a pensare a Damiano e ridurmi il cervello in poltiglia perché non so come comunicare con lui.
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Damiano | Limerenza e Dissimulazione
FanfictionÈ come se con quello sguardo riuscisse a dirmi che ha notato i miei capelli sciolti e il trucco sul mio viso, e nel silenzio del suo osservare si stesse complimentando. Come era già successo altre volte con lui, il tempo si espande, dandomi motivo d...