Casa David è piombata in un silenzio tombale, come se avessero spento la riproduzione dell'audio, l'unico rumore che si ode è un ronzio basso e fastidioso, che mi perfora l'orecchio, ma silenziosamente. Damiano mi fissa con sufficienza quasi calcolata, con il palmo ancora saldo contro il legno verniciato della porta d'ingresso, probabilmente valuta se sia il caso di chiudermela in faccia, e io sto scorrendo tutte le parole del vocabolario in cerca di quella che basterà a fargli cambiare idea, o almeno a ritardare il momento in cui mi sbatterà fuori di casa sua. All'uscita da scuola non sono riuscita a fermarlo neanche posizionandomi sul suo percorso, quello che lo portava dalle scalinate in pietra del Montale al parcheggio del suo motorino – che ormai è anche un po' mio. Mi ha guardata così male che le parole mi si sono incastrate in gola, come se improvvisamente fossero diventate troppo grosse per passarci attraverso, o la mia stessa gola si fosse ristretta a tal punto da bloccarle a metà, striminzite nelle mie pareti interne, senza poter scendere ne risalire, ma solo restare. Invece di tornare a casa sconfitta, con una scheggia in più da qualche parte nel mio corpo, sono venuta qui a suonare al suo campanello. I nostri litigi giocano a indebolirmi e io mi rafforzo sempre di più, sarà per questo che non mi è importato delle programmate di inglese o dell'allenamento di atletica, quando ho preso correndo il pullman sbagliato per andare a casa di Damiano. Oggi è giovedì e stamattina avrei dovuto prepararmi il borsone con il pigiama e lo spazzolino, per fermarmi da lui dopo scuola, come aveva accennato al Lennon l'ultima volta, invece in autobus ho portato lo zaino di sempre, con i libri di sempre, dato che era stato molto chiaro nel revocare l'invito di sabato scorso e io per qualche minuto di rabbia incontrollata avrei tanto voluto revocare i miei sentimenti per lui. Poi però come sempre mi sono ricordata che non si può, che quelli non cambieranno con un litigio.
Nessuno dei due ha nominato Vittorio, o quello che ha detto Elena al Lennon, eppure sappiamo entrambi benissimo perché sono qui e perché lui mi sfugge da giorni, per cui dubito che faticherà a intuire il soggetto della frase.
"Ti giuro che non c'è niente tra di noi" dichiaro lottando per mantenere un equilibrio inesistente, ma il silenzio ci inghiottisce di nuovo, mentre lui si lancia sul divano, dove probabilmente era sdraiato prima che comparissi davanti alla porta di casa sua, con la testa esplosa in una mano e il cuore nell'altra.
Le cose che ha usato per il pranzo sono ancora sparse tra il tavolo e il lavabo, accatastate come fosse già un mese che sta a casa da solo; me lo immagino che varca la soglia con lo zaino che pende su una spalla sola, accende la televisione con il volume al massimo, anche se in tv a quell'ora probabilmente c'è solo Borghese e i suoi quattro ristoranti, si prepara il pranzo con sguardo truce e poi si scaraventa sul divano con la voglia di vivere sotto la suola delle scarpe. Non si è neanche cambiato da stamattina, indossa ancora gli stessi jeans, la stessa cintura, e la maglietta a righine azzurre e bordeaux, quella che gli sta così bene che sembra gliel'abbiano cucita addosso.
"Mi dispiace" continuo imperterrita, cercando un briciolo della sua attenzione, mentre lui neanche mi guarda: raccoglie quello che aveva sparso sul divano di fianco a sé e si mette a rollare una canna, tirando fuori dal grinder una polverina verde appena sminuzzata.
"N' me ne frega 'n cazzo" ribatte acido mentre si sistema l'occorrente in mano. Gli ci vuole un po' per completare l'opera, ma quando lecca la punta della canna io ancora non ho trovato altro da dirgli.
Che te posso dì? Quante altre volte te devo chiede' scusa?
"Me voi lascià perdere? Non me ne frega niente delle tue scuse der cazzo" si sfoga quando lo seguo sul balcone, mentre si accende la canna, come se fosse la sua migliore amica. La stringe tra le labbra, incava le guance come se non avesse altro modo di respirare e poi svuota i polmoni, rinato, ma sono sicura che continua ad odiarmi, con la stessa intensità di un attimo fa.
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Damiano | Limerenza e Dissimulazione
FanfictionÈ come se con quello sguardo riuscisse a dirmi che ha notato i miei capelli sciolti e il trucco sul mio viso, e nel silenzio del suo osservare si stesse complimentando. Come era già successo altre volte con lui, il tempo si espande, dandomi motivo d...