48. Lontano

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VENERDÌ 6 MAGGIO 2016

Alle sette del mattino l'azzurro abissale di questa camera conosce sfumature che non avevo mai visto prima e il viso di Damiano, dipinto dalla morbida luce mattutina fuori dalla finestra è ancora più bello di quel mattino in gita, perché questa volta posso vederlo completamente.

Non so come sia potuto succedere, ma sono riuscita a convincere i miei genitori a farmi dormire da lui, ho rubato la maglietta bianca del suo pigiama e l'ho indossata per dormire nel suo letto, mentre lui osservava placido l'effetto di quell'indumento su di me, mentre il mio reggiseno era ancora incastrato nelle pieghe del letto dal pomeriggio passato insieme, e il tessuto di cotone aderiva al mio corpo nudo. Pomeriggio che abbiamo trascorso tra il letto, il divano e la cucina, ma soprattutto nel letto, con Damiano che a pause regolari mi rinfacciava di non averlo lasciato andare a comprare dei profilattici più grandi.

Stamattina è lui quello che si sveglia per primo, e io per qualche secondo mi illudo che in tutti questi anni la sua pigrizia mattutina sia stata solamente un inganno per incontrarci. Trovarlo al mio risveglio ad un palmo dal mio naso, che mi osserva indisturbato è quella bella sensazione che desideravo di provare da quando lo conosco, qualcosa di simile alla pace dei sensi e contemporaneamente un fuoco che mi fa ardere il petto nel rintontimento delle sette di mattina.

Damiano si è ostinato a dormire senza maglia, dato che la sua ce l'avevo io, e non ha cambiato idea quando ho insistito perché se ne mettesse comunque un'altra ("n'avrai mica una sola maglia in tutto l'armadio?"). Ho riso divertita dalla sua ostinazione: non ha l'abitudine di dormire a petto nudo, eppure da quando si è tolto la maglia ieri pomeriggio, prima di raggiungermi sotto le lenzuola, non si è più rivestito, né quando ci siamo arrotolati nel letto quasi fino a rimanere incastrati nel nostro stesso groviglio, né durante la capatina in cucina per piluccare qualcosa dal frigo per cena, ma neanche quando è fuggito sul balcone e si è concesso l'unica sigaretta della giornata trascorsa con me, se non si considera quella che ha consumato sul divano, mentre gli facevo le mie confessioni più profonde. Probabilmente il motivo è lo stesso che per poco non ha spinto anche me a liberarmi della sua maglietta di cotone: l'effetto che fanno le nostre pelli quando si incollano è qualcosa di stupendo. E poi si tratta di Damiano: sicuramente gli piace quando lo guardo con la bava alla bocca. In effetti quando mi ritrovo ad osservarlo a petto nudo, appena sveglia, ed esamino i suoi muscoli che si curvano, partendo dai tendini sul collo, e la piccola porzione di pettorali che sbuca dal lenzuolo, non posso fare a meno di ringraziare mentalmente la sua vanità, che mi ha regalato questo spettacolo.

Non so con quale forza ci trasciniamo fino a scuola – finalmente Damiano si mette una maglia e anche dei pantaloni – come sempre in ritardo, ma questa volta entrambi sul suo motorino, che ormai trascina con sé un mare di ricordi. Il cielo come ieri pomeriggio è limpido e uniforme, scorre nelle vesti di un'autostrada azzurra mentre lo osservo dal basso, attraverso il casco e le foglie degli alberi del viale in via di Bravetta, finché Damiano non rallenta fino a fermarsi davanti a scuola e io riporto i miei occhi bluastri e assonnati verso il basso.

Ci avviamo all'ingresso come fosse un giorno qualunque, ma non è così, vero Damià? Niente sigaretta appoggiato al muretto di scuola, non ci sono io che sbuco da dietro l'angolo, nelle mie Superga rosa confetto, ti guardo di soppiatto e scodinzolo su per le scale, con te al seguito.

Oggi arriviamo insieme, scavalco il sellino del tuo motorino mentre tu lo parcheggi vicino all'ingresso, mi sorridi assonnato e una volta completata l'opera osservi dubbioso le porte vetrate dell'ingresso del Montale.

Mi sembra d'esse' passata a n'altra vita co' te, non pensavo che m'avresti cambiata così tanto, quanno te giri e monti di nuovo sul tuo scooter, pronto a ripartire, non mi faccio pregà: prima rido nervosa e poi fanculo tutti, io parto co' te, Damià, come ho sempre detto. Non ti rimprovero come al mio solito per la tua totale incapacità di attenerti ar programma e 'sta volta non ti serve neanche spiegarmi con le tue espressioni facciali che dicono tutto, quanta poca voglia tu abbia di addentrarti tra le mura di scuola e abbandonare la mia mano per impugnare una penna, in un'aula troppo lontana dalla mia. Non ti serve neanche indicarmi il cielo terso sopra di noi che sembra dirci solo una cosa: quanto saremmo stupidi a sprecare una giornata così, chiusi in classe a fissare il bianco pallido di una pagina fitta di scritte pensando a tutt'altro.

Damiano | Limerenza e DissimulazioneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora