8. Camera blu oceano

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VENERDÌ 23 OTTOBRE 2015

Damiano non si fa sentire nei giorni successivi, e io non lo cerco per non risultare stressante, in fondo non venendo pagata non sono io quella che dovrebbe interessarsi, anche se so bene che probabilmente il desiderio che ho di passare del tempo con lui supera di gran lunga la sua determinazione nel voler prendere una sufficienza. Mio malgrado Damiano non sta tenendo molto fede a quello che mi ha chiesto riguardo alle ripetizioni: dopo quel giorno in corridoio non me ne ha più fatto parola. Confesso che non c'è stata una vera occasione per farlo: quello che ho sentito uscire dalla bocca di Marco in cortile tempo fa mi ha reso praticamente impossibile ritornarci come niente fosse, il che ha ridotto drasticamente i miei rari incontri con Damiano, istigando invece la perplessità del riccio, forse anche un po' preoccupato della mia assenza, ma che nonostante ciò ha continuato a salutarmi nei corridoi per poi cercare di fare conversazione, mentre nella mia testa non facevo altro che insultarlo.

Il messaggio che aspettavo da giorni però finisce per arrivare in uno dei momenti più inopportuni, quando ormai neanche ci speravo più, ovvero durante un allenamento di atletica, più precisamente mentre stavo sputando i polmoni nei 400 metri. Solo quando finisco di correre e l'allenatore ci lascia andare in bagno a rinfrescarci e, per alcuni di noi, a vomitare, mi rendo conto del messaggio sulla schermata di blocco del telefono, arrivato pochi minuti prima, in cui Damiano spiega brevemente che il giorno dopo avrà una verifica di matematica di cui non ha capito una sega e mi chiede se ci sono nel pomeriggio. Non specifica un orario ma contando che sono già le quattro non è molto il tempo che ho a disposizione. Se l'idea di prepararsi per una verifica gli viene a metà pomeriggio del giorno prima è difficile che prenda qualcosa di vicino ad una sufficienza. Cosa si aspetta? Che io faccia miracoli? Come gli spiego non so quanti e non so quali capitoli nel giro di una o due orette?

Ovviamente il messaggio che le mie dita digitano in risposta non corrisponde granché al fiume di domande che mi ha appena invaso il cervello, e neanche la corsa disperata che faccio fino a casa dopo aver finito l'ultimo quarto d'ora di allenamento è tanto in linea con i pensieri dubbiosi e reticenti di poco fa. Meno di venti minuti dopo sono uscita dalla doccia, i capelli ancora umidi legati in una coda alta, la pelle che profuma di bagnoschiuma e il libro di matematica stretto tra le braccia: approfitterò del viaggio in pullman fino all'indirizzo che Damiano mi ha scritto per messaggio, per dare un'occhiata veloce agli argomenti della verifica che dovrà sostenere domani, in modo da capire quali schemini e concetti base avrei dovuto chiarirgli e che tipo di esercizi andare a pescare. Non ho tempo di realizzare neanche bene quello che sta succedendo perché in men che non si dica mi ritrovo davanti ad un cancelletto verniciato di rosso, a metà di una via stretta, percorribile solo in un senso, il cui bordo è segnato da una schiera di case piuttosto basse, massimo cinque o sei piani, e da una sfilza di macchine parcheggiate lungo la via. Casa di Damiano è proprio questa davanti a me, oltre una muraglia di oleandri in fiore, sopra il citofono che ho appena suonato, con le mani tremolanti e la bocca asciutta, e al quale ha risposto una voce maschile che però non sembra appartenere al ragazzo che mi aspettavo, ma potrei sbagliarmi. Non pensavo che mi sarei ritrovata a casa sua, tantomeno con così poco preavviso. Pensavo che avremmo studiato magari in biblioteca, al bar dopo scuola, o al massimo a casa mia, ma non da lui. In effetti avrei potuto chiedergli almeno di fare lo sforzo di venire lui da me, mi sarei risparmiata qualche corsa e mezzo polmone, ma ero – e sono ancora – troppo su di giri per farlo.

Il tempo di salire le scale, immobilizzare nel mio cervello l'odore di piante sul pianerottolo e la luce forte del sole proveniente dalle aperture in vetro retinato, che finisco per scontrarmi contro un ragazzo dai capelli scuri come i miei, liscissimi, che gli incorniciano il viso un po' lungo. Ha due sopracciglia belle grandi che svettano sul suo viso bianco latte e uno sguardo buffo mentre mi chiede chi sono. Ci metto poco a capire che la porta che si è tirato dietro poco fa, scaraventandosi giù dalle scale per finire invece contro di me, è quella di casa David, com'è inciso sul campanello, e che lui molto probabilmente è il fratello più grande di Damiano. Dopo che gli ho spiegato il motivo per cui sono qui, ossia per le ripetizioni, sembra credermi a stento.

Damiano | Limerenza e DissimulazioneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora