42. Finalmente la sorpresa

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VENERDÌ 15 APRILE 2016

Le mie mani stanno sudando come quel giorno di prima liceo, mentre mi rannicchio sul bordo del divano, in preda all'agitazione. Damiano doveva essere qui almeno dieci minuti fa, ma non mi preoccupa il suo ritardo, anzi mi sarei preoccupata di più se fosse stato puntuale, ciò che mi fa contorcere senza sosta è piuttosto la vagonata di aspettative che ha creato lui e un po' si sono create per colpa mia, riguardo a quello che succederà questo pomeriggio. Oggi a scuola mi ha stuzzicata senza sosta: "vestiti bene" aveva ammiccato sfiorando il tessuto grigio della mia tuta. Avevo cercato di farmi spiegare almeno dove saremmo andati, ma non ero riuscita ad ottenere assolutamente nulla, neanche con la scusa che saperlo mi sarebbe servito nel momento della scelta dell'outfit. Così per ripicca non ho cambiato la tuta di stamattina, quella stretta dell'Adidas, grigia con le strisce nere, e perciò sono pronta mezz'ora prima del dovuto, mentre lui al mio opposto è come sempre in ritardo, il che mi ha condannata a tempestarmi di domande nel frattempo. 

Ancora non sono riuscita a decifrare ciò che è successo qualche giorno fa al Mango, e continuo a scervellarmi come se fosse un dannato esercizio di matematica, a cui non riesco a venire a capo. Damiano che mi prendeva le mani un po' disperato e un po' implorante, chiedendomi di non capire male, di non fraintendere, mi ha frastornata, mentre mi interrogavo su cosa potesse essergli successo. Aveva sussurrato un flebile e appena comprensibile 'ho bisogno di te' e sembrava implorarmi di non lasciarlo scivolare nelle tenebre, come se qualcosa fosse stato pronto ad inghiottirlo al mio primo cedimento, e io non mi spiego proprio certe cose di lui. Mi sembra sempre di averlo incasellato, capito, individuato e poi lui smonta tutto, si toglie una maschera, ma sotto ne porta un'altra e un'altra ancora, così all'infinito. A parole rifiuta di darmi qualunque spiegazione, quando provo a chiedere esplicitamente risponde solo che devo smetterla di voler sempre sapere tutto; eppure è come se da un lato, in un punto non bene identificato del suo viso, in una smorfia di sfuggita, in un qualche sospiro di troppo, lui mi stesse dicendo che invece vorrebbe tanto raccontarsi, da cima a fondo, solo non così, non seduti al bar di fronte a scuola, in mezzo ad un cimitero di sigarette. Non è a parole che vuole raccontarmi i suoi misteri, è alla ricerca di un linguaggio nuovo e io ho una paura agghiacciante di non riuscire a leggerlo, se mai lo troverà, quel suo alfabeto nascosto. Poi però ripenso a quel giorno a casa sua, all'agenda piena di scritte, quelle che ho cercato a tutti i costi di rimuovere dalla mia testa, e a come il nostro rapporto si era incrinato per colpa mia dopo quell'episodio. L'invasione della sua privacy è un argomento troppo delicato per osare smuoverne l'equilibrio; come quell'agenda, alcune parti della sua vita e del suo carattere rimarranno per sempre un mistero. O forse devo solo accettare il fatto che, come ha sottolineato lui, alcune cose vanno fatte con calma; in effetti mi ci sono voluti anni per instaurare un rapporto degno di questo nome con lui, magari invece che calcare la mano devo solo concedermi e concedergli altro tempo.

Quando finalmente si decide ad avvisarmi con un messaggio che è quasi sotto casa mia, il cuore per poco non mi esplode nel petto, mentre raccolgo le chiavi ed esco correndo di casa. Quando spalanco il cancello Dami ha gli stessi pantaloni strettissimi di sta mattina – che comunque il respiro lo tolgono a me e non a lui – e il medesimo sorriso beffardo, mentre già si prepara a riprendermi per come mi sono vestita o per qualunque altra cosa gli venga in mente durante il tragitto che sto percorrendo verso la sua figura longilinea. Non ha niente con sé, se non il telefono, un pacchetto deforme di sigarette e probabilmente il portafoglio in una delle tasche, niente sacchetti o pacchettini, constatazione che mi rincuora dato che i regali mi imbarazzano. Quando mi vede arrivare si spinge giù dal suo scooter, dove era rimasto appoggiato, masticando rumorosamente un chewing gum alla menta, e mi viene incontro, nello stesso istante in cui la mia tasca comincia a squillare, interrompendoci ancor prima che unissimo le nostre bocche.

Damiano | Limerenza e DissimulazioneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora