29. Quando la notte incontra la luce del mattino

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MARTEDÌ 12 GENNAIO 2016

Lo strato soffocante di lana grezza che avvolge il mio letto è estremamente ruvido, ma c'è una parte del mio corpo, quella sinistra, che è a contatto con qualcosa di molto più soffice e accogliente, liscio filato di cotone, e poi morbida seta; mi ci struscio lentamente come un gattino, mugolando a quel contatto vellutato, prima di schiudere lentamente le palpebre. È colpa del manto di neve bianco e riflettente, se aprendo gli occhi, sono costretta a stringerli di nuovo, per via della luce bianca del mattino che penetra tramite una minuscola strisciolina lasciata tra le due spesse tende. La stanza è calda, sospesa, immobile come la montagna, per metà ancora immersa nell'oscurità, mentre quella strisciolina di luce si concentra quasi esclusivamente sul mio cuscino. Solo qualche secondo dopo, quando finalmente riesco ad aprire del tutto gli occhi, mi rendo conto che lo sto condividendo con una chioma castana, sistemata poco più in su del mio viso, e a questa visione un sorriso totalmente spontaneo si dipinge sulla mia faccia per qualche secondo. Il viso rilassato di Damiano è proprio di fianco al mio, poco più in su, gli occhi ancora serrati e la pelle più liscia del solito, evidenziata dal brillare della luce bianca proiettata sul cuscino. Se si potesse vorrei tanto che non si svegliasse, dandomi la possibilità di restare qui in eterno, ad osservare il movimento che fa il suo petto mentre respira profondo nel sonno, perché è realmente la visione più bella di cui io abbia mai avuto la possibilità di godere. Ogni minimo dettaglio del suo viso è totalmente perfetto, dalle ciglia scure che serrano i suoi occhi grandi, la pelle bianca e quei suoi zigomi sporgenti, alle labbra carnose, leggermente socchiuse, che a guardarle mi fan scaldare il petto; senza accorgermene porto una mano alla mia bocca, sfiorandola incredula, come se raccogliessi le tracce di una notte che non voglio dimenticare e già mi sfugge, per poi bloccarmi, con la paura di destarlo dal suo sonno.

Dio mio, cosa è successo ieri notte?

Mi frugo nella testa ma è un po' come cercare di racchiudere fumo nel palmo di una mano. Siam fatti della stessa sostanza di cui son fatti i sogni, ma è un sogno quello che ripercorro a tentoni nel mio cervello? Di che sostanza sei fatto, eh? Sei un ricordo che prende forma da un presente esistito, o l'inganno di un'immaginazione maligna?

Di ieri notte, l'unica cosa che ricordo con estrema precisione è una sensazione più che un ricordo, una preghiera più che un pensiero, la speranza che la magia dei suoi sguardi non si dissolvesse con la luce del sole, una corsa senza fiato animata dalla paura che qualcosa mi potesse scivolare via dalle mani. Questa è l'unica certezza che ho, tra il mal di testa atroce e le tempie che pulsano, un pensiero che è stato fisso nella mia testa tutta la notte, è l'unico testimone di quel che è successo, del resto rimane solo confusione.

"Ti spiace se sto qui? Bastia s'è addormentata sul mio letto" aveva detto entrando nella mia camera, io gli avevo bisbigliato qualcosa, indicandogli il letto sotto il mio, quello di Francesca, e quindi offrendogli di dormire lì. Ricordo la sensazione di freddo sotto la pelle, io sotto le coperte e Damiano seduto sul materasso di fianco a me, con i pantaloni del pigiama, una maglietta di cotone a maniche corte e la muscolatura del suo collo evidenziata dalle profonde ombre della stanza. Si era arrampicato sul letto a castello e prendeva tempo togliendosi i calzini, mentre mi prendeva in giro con dolcezza:

"Come pensi di scaldatte co' tutta sta robba addosso?"

Ricordo che mi aveva liberata dalla giacca, poi del pile, aprendo la zip e facendolo scivolare via, di entrambe le paia di calzettoni, che aveva lanciato insieme ai suoi calzini grigi, ero rimasta con una semplice maglia a maniche lunghe, per il freddo avevo cercato di oppormi scalciando, ma la stanchezza mi aveva fermata ancor prima che muovessi un muscolo. L'oscurità riempiva i contorni, avvolgeva il suo bel corpo quando sfuggiva dalla linea di luce artificiale proveniente dalla finestra, con le tende semichiuse; mi sentivo soffocare, ricordo di aver serrato gli occhi per cancellare la sensazione, mentre il mio corpo continuava a scuotersi percorso dal freddo, i muscoli paralizzati in un brivido quando Damiano aveva tirato su le coperte per infilarsi al mio fianco, io che balbettavo "sto gelando" vicino al suo orecchio. Poi lastre di ghiaccio che si intersecavano sul soffitto della stanza, denti che si limavano senza sosta, la sua risposta che mi ero fatta sfuggire nel perdermi nei miei pensieri – o forse non mi aveva risposto per niente – e senza poter stabilire quanto tempo dopo, mi ero resa conto che il suo braccio avvolgeva la mia schiena, la sua mano era sulla mia spalla, con un piede aveva spinto le mie gambe in mezzo alle sue e i miei piedi ghiacciati sulla pelle calda dei suoi polpacci, per poi infine racchiudere le mie mani nella sua libera e portarle sulla sua pancia, sotto il tessuto della maglietta, e chiedere, riprendendo la domanda del messaggio "Allora, mi dici come stai?" con quello che sembrava essere un sorriso coperto dall'oscurità. Ricordo che la sua pelle era bollente, come un termosifone. Per quanto mi sforzi a dipanare il filo delle mie sensazioni lungo una linea cronologica che mi aiuti a ricordare gli eventi, tutto ciò che viene a galla sono solo confusissime emozioni, balbettii senza senso e risposte che potrebbero essere uscite dalla sua bocca o solo dalla mia testa, che le recita tremendamente bene rendendo l'inganno ancora più subdolo.

Damiano | Limerenza e DissimulazioneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora