Capitolo 3: 𝒊 𝒏𝒆𝒐𝒎𝒊𝒅𝒂.

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Quando uscii di casa, un raggio di sole per poco non mi accecò, ricordandomi che avevo le lenti a contatto da troppo tempo.

Dal momento che Jackson mi aveva scritto che stava tornando, mi sedetti alla fine delle scale che portavano al terrazzino davanti all'entrata della villa. Sospirai, prendendo il telefono in mano. Le mattonelle bianche erano fredde e piacevoli contro la pelle nuda dei polpacci. Dal punto in cui ero seduta riuscivo a vedere bene il parcheggio e, poiché quasi tutti i fratelli Nobili erano a casa in quel momento, potevo ammirare le loro auto lussuose.

Villa Nobili era grande quanto una reggia e le stanze erano così tante che non avevo idea del numero esatto. Si trovava poco fuori Milano ed era circondata da parecchi ettari di verde, anche in questo caso troppi per essere contati. Aveva una piscina all'aperto e dei campi per praticare sport. La struttura dell'edificio era a forma di "L" e l'ultimo piano (girai la testa per vederlo meglio) non era lungo quanto quelli inferiori, ma il lato più corto non era visibile da dove mi trovavo.

Una notifica mi distrasse dalla noia. La mia amica mi aveva scritto chiedendomi se quella domenica sarei andata alla Katheìo.

Non volevo andarci, non volevo mai farlo, ma non avevo motivi per giustificare un'assenza, dunque le dovetti rispondere che ci sarei stata.

La mia famiglia non era mai stata "normale". Fin da piccola mi era stato insegnato che noi eravamo diversi, che appartenevamo a una lunga stirpe di esseri umani speciali. I neomida.

Mi raccontarono che, molti secoli prima, una creatura divina era scesa sulla terra ed era apparsa a tre uomini comuni. Aveva mostrato loro la verità dell'universo e li aveva avvisati di una minaccia che presto avrebbe messo in pericolo il nostro mondo: i dremen, creature di luce nera in grado di confondersi tra gli esseri umani. Il nostro scopo era trovarle e ucciderle, e la divinità scesa sulla Terra ci mostrò come fare.

Ero cresciuta con questi racconti. Mia nonna, prima di andare a dormire, mi leggeva storie di valorosi neomida che avevano scacciato i dremen.

Solo crescendo avevo iniziato a capire che quelle non era niente più che storielle, dei racconti per spaventare i bambini e per permettere agli adulti di dormire bene la notte. Eppure, per qualche motivo a me ignoto, tutta la mia famiglia sembrava credere fermamente a quelle leggende.

Non solo loro.

Un altro migliaio di persone erano -sono- convinte di appartenere ad una razza superiore, il cui scopo era quello di proteggere il genere umano dai dremen. I neomida avevano una loro chiesa, con un testo sacro e tradizioni secolari.

Si riunivano in gruppi chiamati "famiglie", sotto la supervisione di una capofamiglia, sempre e solo un uomo, a cui era consentito di prendere più di una compagna. La famiglia Nobili era la seconda famiglia per estensione in Italia e una tra le più potenti del continente. L'uomo che per la legge neomida, ma non quella italiana, mi aveva adottivo aveva perciò un ruolo di spicco nel "Consiglio Maggiore dei neomida", ossia un gruppo in cui si riunivano i capi di ogni famiglia d'Europa. Un vanto di cui i suoi parenti andavano molto fieri.

Avevo sempre frequentato scuole normali, con persone normali, ma ogni domenica ero costretta a partecipare a degli incontri speciali, nei quali ci veniva insegnato tutto quello che dovevamo sapere per essere dei neomida per bene. Tra i principi fondanti di questo credo, la supremazia sul genere umano era al primo posto.

Per non parlare della presunta guerra avvenuta nel 903 d.C., in cui neomida provenienti da tutto il globo si sarebbero uniti per combattere i dremen. Le storie raccontano che questi impavidi guerrieri riuscirono a scacciare temporaneamente i dremen dalla Terra. Ma era pensiero generale che alcuni sopravvissuti si fossero nascosti, assumendo forma umana.

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