Capitolo 18: 𝓑𝓾𝓸𝓷𝓰𝓲𝓸𝓻𝓷𝓸1!1! 𝓒𝓪𝓯𝓯𝓮̀??

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Nei giorni seguenti, i fratelli Nobili si fecero più molesti. Ognuno di loro sembrava aver dimenticato il concetto di "spazio personale". A tavola, lottavano per sedersi vicino a me e ciò mi impediva di stare con Ginevra o Jackson. Il fastidio era costante nella mia mente, nonostante pian piano stessi iniziando ad abituarmi alla loro presenza.

Visto che non mi era permesso uscire senza essere accompagnata, Edoardo mi dava un passaggio in macchina ogni mattina. Mi mancavano i venti minuti di viaggio con Chiara, ma, quando le avevo detto che avrei potuto costringere Edoardo a passare a prenderla, si era rifiutata.

Il martedì successivo, arrivò il mio peggior nemico a mettere il dito nella piaga. Durante la seconda ora, fui costretta ad andare in bagno. Per fortuna, avevo con me abbastanza assorbenti per finire la giornata senza macchie di sangue.

L'arrivo del ciclo fu comunque un colpo basso. Mi sembrava ingiusto che solo una fetta della popolazione mondiale dovesse soffrirne.

All'intervallo raggiunsi le macchinette dell'atrio, accompagnata da Fabio, il mio vicino di banco, che si stava lamentando della sua ragazza. Fin dal primo momento lei non mi era sembrata una brava persona e da quando lo aveva tradito a Capodanno, stavo cercando di fargli capire che merita accanto una persona fedele. Lui insisteva a difenderla.

Io e Fabio eravamo quasi sempre vicini di banco. Essendo entrambi silenziosi e attenti, i professori non avevano motivo di dividerci. Quindi, fra i miei compagni di classe era probabilmente la persona che consideravo più vicina. Fabio non era un ragazzo bello esteriormente, ma ciò che aveva dentro lo rendeva fantastico, una persona piacevole da avere accanto. Non tutti, però, erano della mia stessa opinione.

«Vuoi un po' di caffè?» gli domandai, porgendogli la tazzina di plastica che avevo recuperato dalle macchinette.

Scosse la testa. Vederlo giù di morale non mi faceva piacere, soprattutto perché non sapevo come aiutarlo. La risposta a me sembrava ovvia. Cattiva fidanzata? Lasciala. Ma le emozioni non erano così semplici.

Mi guardai intorno, osservando l'atrio pieno di studenti. Ero sorpresa che i gemelli non si fossero ancora fatti vivi. Il giorno precedente, si erano presentati davanti alla mia aula poco prima che suonasse la campanella dell'intervallo, catturando le attenzioni di tutti i miei compagni. Anche a scuola, tutti sapevano chi erano i fratelli Nobili. Quando mi avevano chiesto di passare con loro l'intervallo, mi ero rifiutata, usando la scusa che dovevo aiutare una mia amica a ripassare prima di un'interrogazione.

«Troverai di meglio» dissi, massaggiandogli la spalla. «Qualcuno che ti meriti.»

Concentrata su quale fosse il modo migliore per confortarlo, non guardai dove stavo camminando e, girato l'angolo, andai a finire contro qualcuno che stava venendo dalla parte opposta. Il caffè, che non avevo fatto in tempo a bere, finì sulla maglietta bianca del ragazzo con cui mi ero scontrata.

Sgranai gli occhi vedendo di chi si trattasse.

Se si fosse trattato dei gemelli, almeno mi sarei divertita. In quel momento, invece, essendomi scontrata con la persona peggiore, un brivido di paura mi fece rizzare i peli.

Imprecai sottovoce.

La maglietta che avevo macchiato, non solo era bianca, ma era firmata Gucci.

Alzai lo sguardo su Nicolò Esposito, soprannominato Tony per ragioni – probabilmente stupide – che non avevo mai voluto scoprire. Lo stesso ragazzo che in prima superiore aveva attaccato il nostro ex professore di spagnolo al muro e che se l'era scampata solo con una sospensione di due giorni. Un ragazzo che tutti sapevano avere rapporti con la malavita.

Ci fu un attimo di silenzio, quella calma che precede il disastro, in cui tutto rimase immobile. Negli occhi di Nicolò la rabbia si raccolse lenta, come una cascata in un diga che all'improvviso straripa. Lo sguardo mi scivolò sulla cicatrice che si allungava per gran parte del suo collo. Aveva cercato di nasconderla tra i tatuaggi che coloravano la sua pelle olivastra, ma io sapevo dove si trovava. Avevo sentito dire che se l'era procurata a dodici anni, prendendo parte ad una rissa da cui lui era uscito vincente.

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