Capitolo 32: 𝒅𝒐𝒏'𝒕 𝑯𝒐𝒑𝒆 𝒇𝒐𝒓 𝒐𝒖𝒓 𝒂𝒍𝒍𝒊𝒂𝒏𝒄𝒆.

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Filippo mi stava aspettando appoggiata alla sua auto, che aveva parcheggiato davanti all'entrata del palazzo. Appena mi ebbe notata, si allungò per aprirmi la porta e io entrai velocemente.

Con un sospiro, mi chiese: «Sei pronta per domani?».

Mi allacciai la cintura in tempo per sentire il motore dell'auto rombare. Il giorno successivo avevamo in programma di andare insieme in un enorme centro commerciale fuori Milano. Sapendo quanto amasse fare shipping, avevo pensato che fosse la meta perfetta per il "nostro appuntamento".

«Non vedo l'ora.» In parte era vero. Io stessa non disprezzavo andare a fare shopping, nonostante preferissi farlo quando era necessario o durante i saldi. D'estate avevo la tradizione di andare insieme a mia nonna, visto che tra luglio e agosto ero sempre da lei.

Filippo sorrise, forse avendo notato una sfumatura di verità nel mio tono perennemente sarcastico.

Avrei voluto sorridere anche io, ma il suo stile di guida costrinse il mio corpo a irrigidirsi. Mi aggrappai alla portiera e tenni stretta la cintura. Era la prima volta che sedevo di fianco a lui al volante e, dalla mia nuova posizione, la sua guida sembrava ancora più folle e spericolata. Mi chiesi come facesse Cameron a non morire di paura ogni volta che lasciava guidare suo fratello. La mia concentrazione sulla strada non venne mai interrotta e non riuscii a fare conversazione.

Messo piede fuori dall'auto, il mio cuore si alleggerì immediatamente e io fui tentata di accasciarmi a terra. Se lo avessi fatto, avrei finito per baciare il terreno e ringraziare qualunque Dio fosse in ascolto. Sarei passata per pazza, quindi scelsi di raggiungere la porta di casa. Con gambe tremanti, entrai. Filippo mi superò, andando per primo verso l'ascensore. Dalla sua espressione impassibile fu difficile dire se avesse notato il mio comportamento.

Essendo mezzogiorno inoltrato, scelsi di andare in sala da pranzo per mangiare. Prima di varcare la soglia della stanza, mi fermai ad analizzare le persone presenti. Ginevra era seduta allo stesso tavolo di Hope. Una presenza fastidiosa, ma che preferivo di gran lunga ai fratelli Nobili già presenti. Attraversando rapidamente la sala, raggiunsi il loro tavolo.

Al mio saluto, entrambe le ragazze alzarono le loro teste su di me. Occupai il posto accanto a Ginevra, cercando di lasciare quanto più spazio possibile tra me e Hope.

«Dove eri finita?» Ginevra si ripulì le labbra sporche di ragù.

«Ero da Anna.»

«Anna Guerra?» Lo sguardo di Hope era puntato sul suo telefono, un modello famoso appena uscito. Il suo tono altezzoso mi ricordò che tra la mia amica e Hope non era mai corso buon sangue. Da bambine una volta avevano litigato pesantemente davanti a tutti per ragioni che non ricordavo più.

Distolsi lo sguardo da lei. «Sì.»

Ginevra mi rivolse un'occhiata interessata. Ogni volta che io e Hope eravamo vicine, per Ginevra iniziava uno spettacolo interessante. Personalmente non mi faceva impazzire non avere la certezza che lei sarebbe intervenuta in mio favore o in quello di sua cugina. La sua scelta dipendeva molto dal caso, anche se spesso verteva più in mio favore.

Intorno a noi la stanza iniziò ad affollarsi. Notai che Stephen e Neels si erano seduti insieme ai gemelli e Oliver.

Il mio sguardo tornò su Hope. Vidi un sorriso allegro aprire il suo bel volto rosa. Capii subito che non stava per arrivare niente di buono. Conoscevo troppo bene quel sorriso per non aver imparato a capire che seguiva sempre qualcosa di cattivo nei miei confronti.

Mi irrigidii, preparandomi al colpo.

«Come stanno andando gli appuntamenti con i nostri cugini?»

Sbiancai.

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