Non volevo pensare. La mia mente doveva restare vuota. Per farlo usai tutti i mezzi che conoscevo, partendo con il passare tutto il pomeriggio a guardare una serie tv che di solito mi portava conforto. Anche se ero terribilmente annoiata, mi costrinsi a immergermi nella storia. Dopo alcune ore, divenne inevitabile pensare.
Volevo vedere Ginevra, assicurarmi che stesse bene e non le fosse successo nient'altro.
La stanza di Ginevra era una delle più lontane dalla mia. Si trovava alla fine della "L" e per raggiungerla passai accanto alle scale e alle poche finestre presenti nel corridoio. Il sole si era nascosto tra le cime degli alberi e io pensai che mi era mancato vederlo tramontare tardi. Per qualche motivo, avere a disposizione più ore di luce durante la giornata mi rendeva più produttiva.
Mi fermai un attimo, godendomi i colori dell'esterno. Le finestre davano solo sugli alberi, da lì non potevo vedere né la piscina né il campo da basket.
«Ciao.»
Mi girai di scatto, essendo concentrata nei miei pensieri, non mi ero accorta che Lucky stava salendo le scale dietro di me.
I suoi occhi blu mi esaminarono e io distolsi lo sguardo da lui.
Sospirai. «Sei tu» dissi, senza riflettere.
Lucky scioccò la lingua. «Sei tu» mi fece il verso.
Iniziai a camminare, decisa a ignorarlo. Mi bloccai solo quando lo sentii colpire il muro con il pugno. Il boato mi sorpreso e mi voltai verso di lui. Era immobile, la mano arrossata ancora premuta contro il muro e il suo volto serio fisso verso di me.
«Oggi è il mio compleanno» disse, imitando il tono autoritario di suo padre.
Me ne ero dimenticata. Con tutto ciò che era successo, il suo compleanno sembrava irrilevante.
Da piccoli era diverso. Essere nato il giorno dopo suo padre lo aveva fatto sentire poco importante e lui aveva sempre avuto un complesso di inferiorità nei suoi confronti. Ricordo che quando eravamo bambini piangeva sempre quel giorno e a me e Neels toccava consolarlo.
Mi chiesi se piangesse ancora per lo stesso motivo o se avesse imparato a conviverci.
«Buon per te» risposi.
Lucky piegò la testa di lato, un sorriso stampato sulle labbra per nascondere il risentimento. Abbassò la mano sul muro, passandosela tra i capelli biondi. Non erano dello stesso colore di suo padre. Il biondo era molto più chiaro, quasi bianco.
«Sai» le sue parole suonarono forzate fin dalla prima sillaba, «per me è un giorno importante.»
«Davvero? Che notizia interessante!»
Il suo sorriso tremò, sul punto di spezzarsi.
«Lo è» sancì, «almeno per me.»
Avanzò verso di me e io indietreggiai, finendo per scontrarmi con il muro alle mie spalle. Mi trovai così bloccata tra lui e la parete. La sua vicinanza mi sorprese e io restai inerme a fissarlo, curiosa di sapere le sue mosse successive.
Lucky era troppo alto. Guardarlo mi costringeva a piegare il collo, azione che mi faceva dolere i muscoli.
«Okay? E...?» dissi.
Fissare lo sguardo in un punto non occupato da Lucky era difficile quando lui era così vicino. Il suo enorme petto si stava abbassando e alzando con regolarità, diversamente dal mio sempre più agitato. Pensai che fosse normale essere nervosa in sua presenza, soprattutto dopo ciò che suo padre mi aveva rivelato.
«Sabato prossimo ho prenotato il privée dell'Old fashion.» Era un locale di Milano, non molto lontano dal Castello Sforzesco, in cui non ero mai stata. «Vorrei che venissi anche tu.»
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Ocean of Lies
ChickLitIN REVISIONE (la storia è completata, ma sto riscrivendo i capitoli e ogni settimana ne rendo visibile uno nuovo!) Libro primo. Arrivata a diciotto anni l'ultima cosa che Beatrice vorrebbe è avere a che fare con i fratelli Nobili. Affascinanti, car...