Capitolo 23: 𝒖𝒏𝒂 𝒍𝒖𝒏𝒈𝒂 𝒍𝒊𝒔𝒕𝒂 𝒑𝒊𝒆𝒏𝒂 𝒅𝒊 𝒇𝒂𝒍𝒍𝒊𝒎𝒆𝒏𝒕𝒊.

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Un'ora corse via. Poi due.

Poi cinque.

Tempo sprecato. Tutto inutile.

Avevo letto e sfogliato almeno una cinquantina di libri, senza trovare una singola cosa che potessi usare a mio favore. Con mia sorpresa, Neels si era dedicato alla causa, leggendo lui stesso una quantità enorme di libri. Ogni volta che trovavo un termine o una frase che per me non aveva senso, lui era pronto ad aiutarmi. Il suo modo di spiegarsi non mi fece mai sentire stupida né umiliata. Esponeva con calma, ponderando le sue parole e trattandomi comunque da pari.

Il suo impegno non era servito a niente.

Chiara e il suo ragazzo erano restati solo per due ore. Li avevo mandati via io, perché avevo capito che si erano stancati, ma che non avevano il coraggio di ammetterlo. Io e Neels eravamo rimasti i soli a cercare.

Dopo circa cinque ore, mi ero appoggiata con il fianco a un muro, la schiena premuta contro uno degli scaffali dell'ultimo piano. La delusione mi aveva sciupata di forza e determinazione.

Ai miei piedi avevo lasciato l'ultimo libro che avevo finito di leggere. Era una raccolta di vecchi articoli di giornale, tra i quali avevo trovato uno che raccontava la storia di una ragazza che era scappata da un matrimonio combinato. I suoi genitori l'avevano ritrovata dopo un paio di giorni e lei era stata riportata a casa. La stessa settimana, si era suicidata.

Alice Artus.

Faceva parte di una famiglia neomida prestigiosa e potente. In Italia era considerata la famiglia neomida più influente. L'amico di Jackson, Alberto, era un Artus. Mi chiesi se avesse conosciuto Alice. Era più che probabile perché lei era morta quando io avevo all'incirca otto anni (lei ne aveva sedici).

Era una fine che non volevo per me stessa. E l'idea che potesse essere inevitabile mi terrorizzò.

In un altro libro, avevo letto che un matrimonio neomida può essere annullato solo se tra i coniugi viene scoperta una parentela di sangue molto vicina. Io dubitavo di condividere lo stesso sangue di uno di quei ragazzi. Forse avevamo un antenato in comune, ma si trattava di un parente lontano. Dunque, non potevo sfruttare questa clausola.

L'altro modo per annullarlo era nelle mani dei due capifamiglia. Bastava che uno dei due decidesse che il matrimonio non aveva più presupposti su cui basarsi ed esso sarebbe potuto essere annullato.

Ma era chiaro che non potessi sfruttare nemmeno questa regola. Flavio Aureliano Nobili non me lo avrebbe mai concesso. In fondo, era stato lui stesso a organizzarlo.

Avevo fallito.

Mi abbracciai da sola e appoggiai anche la testa allo scaffale.

Non sapevo più cosa fare. Il mio piano principale sembrava irrealizzabile. Mi sentivo annientata. Ero stata una stupida a credere di essere in grado di trovare una soluzione nelle pagine di quei libri.

Puntai lo sguardo sulla finestra sopra la mia testa. Era troppo in alto e io non riuscivo a vedere l'esterno, ma solo una fetta di cielo. La luce del sole si stava tingendo di arancione. Era già arrivato il tramonto?

Lo scaffale su cui ero appoggiata era in fondo al corridoio, nell'ultima fila. Forse Neels non sarebbe riuscito a trovarmi e io sarei rimasta lì per sempre. Ammesso che Neels cercasse di trovarmi. Forse se ne era già andato, lasciandomi da sola. In fondo, non si sarebbe nemmeno trattato di un evento unico. I fratelli Nobili mi avevano abbandonata già altre volte.

Non volevo spostarmi. Volevo rimanere ferma lì. Completamente da sola.

Il mio antro era abbastanza nascosto e non avevo ancora incontrato nessuno da quando mi ero seduta a terra. Avevo solo la compagnia di me stessa, anche perché avevo lasciato il telefono e ciò che avevo portato con me sul tavolo al piano terra.

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