Capitolo 30: 𝒍'𝑨𝒅𝒐𝒓𝒂𝒛𝒊𝒐𝒏𝒆 [2/2].

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Grazie alle casse poste sulle colonne, poco sotto i capitelli, la voce dell'alfiere rimbombò per tutta la cattedrale. Dalla mia posizione era possibile vederlo perché le file di posti non erano allineate sullo stesso piano, ma su gradini come in un anfiteatro.

L'alfiere indossava una tonaca bianca e una stola dorata, in cui erano ricamate delle piccole sunvìe bianche. La tonaca gli copriva tutto il corpo, tranne il capo, e l'orlo delle maniche era bordato di rosso, lo stesso colore della gemma incastonata nella spada che pendeva sopra la sua testa.

Appena l'alfiere iniziò a predicare, la musica si affievolì. Subito cercai di perdermi nei miei pensieri e smisi di ascoltare le sue parole. Sapevo di non essere l'unica persona a non star seguendo il sermone. Almeno una ventina di volte, intravidi lo schermo del telefono di Stephen illuminarsi per l'arrivo di una notifica. Il mio sguardo fu attirato dalla luce come se fossi una falena. Mi persi a leggere i suoi messaggi, non sorprendendomi di trovare cinque ragazze che ci stavano provando con lui allo stesso tempo. Il mio sguardo si spostò solo quando sentii su di me degli occhi molesti. Mi voltai verso Edoardo, scoprendo che mi stava fissando truce. Fui tentata di fargli una linguaccia o un gestaccio, ma mi limitai a voltarmi.

Riportai la mia attenzione sull'alfiere. Lo ascoltai solo per qualche minuto, poi nella mia testa partì in loop "Roma-Bangkok", che avevano messo alla radio mentre eravamo in macchina. Cercai di scacciarla, fallendo. Il ritornello si ripeté senza mai fermarsi.

«Noi siamo una stirpe eletta, un sacerdozio regale, una gente santa, il popolo che il Protettore ha raccolto con sé, poiché proclameremo le virtù di colui che ci ha chiamati dalle tenebre alla sua luce meravigliosa [...]» predicò l'alfiere.

«All'ultimo secondo/ Volerei da te, da Milano/ Fino a Hong Kong/ Passando per Londra, da Roma e fino a Bangkok/ Cercando te» cantò la mia testa.

«[...] Questo è buono e gradito davanti al Protettore, nostro salvatore, il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati e vengano a conoscenza della verità» continuò l'alfiere, mentre accendeva la prima delle nove candele delle virtù. Le accese una alla volta e proseguì a sproloquiare: «Queste virtù che oggi ti do, ti stiano fisse nel cuore; le ripeterai ai tuoi figli, ne parlerai quando sarai seduto nella tua casa, quando camminerai per la via, quando ti coricherai e ti alzerai».

Anche la voce nella mia testa non aveva intenzione di smettere: «Abbassa i finestrini voglio il vento in faccia/Alza il volume della traccia/Torneremo a casa solo quando il sole sorge/Questa vita ti sconvolge».

Riuscii a far cessare quel tormentone solo quando le persone intorno a me si alzarono. Senza rendermene conto, era già passata mezz'ora ed era arrivato il momento in cui ci allineavamo in fila per ricevere l'Ulna, ossia il terzo occhio, che ci veniva disegnato dall'alfiere o da uno dei suoi assistenti con del gelso rosso, che era facile da pulire.

Noi che sedevamo nei trifori, scendevamo e ci mettevamo in fila indiana per ricevere l'ulna direttamente dall'alfiere, mentre le persone sedute nella navata formavano delle file ai lati e lo ricevevano da uno dei suoi assistenti. Era un momento molto lungo, perché eravamo in molti, troppi, ad assistere all'Adorazione, ma era uno dei miei momenti preferiti. Primo, perché facevo qualcosa oltre all'ascoltare passivamente un pazzo parlare; secondo, perché la musica che faceva da sottofondo era una melodia dolce e malinconica, in cui l'organo aveva quasi un ruolo da solista. Durante questo brano i coristi potevano riposare le loro corde vocali.

Quando Giuliana stava in silenzio e suonava, potevo quasi dimenticarmi della sua personalità. Lo stesso valeva per Lucky, che aveva ereditato il talento della madre.

Camminai al centro della navata principale, con la testa puntata sugli archi altissimi, mentre pochi fasci di luce illuminavano l'ambiente tetro. Avendo la testa concentrata nei dettagli dell'architettura dell'edificio, non mi accorsi che Cameron si era messo dietro di me e che i nostri corpi erano a pochi centimetri di distanza.

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