Capitolo 41: 𝒔𝒆 𝒔𝒐𝒍𝒐 𝒑𝒐𝒕𝒆𝒔𝒔𝒊 𝒄𝒐𝒍𝒑𝒊𝒓𝒕𝒊 𝒄𝒐𝒏 𝒒𝒖𝒆𝒔𝒕𝒐 𝒇𝒖𝒄𝒊𝒍𝒆.

180 35 87
                                    

Venni trascinata via e la mia mente mi aggredì con domande e ipotesi. A Cameron non sembrò importare della battaglia che si stava svolgendo intorno a noi e dentro di me. Fummo colpiti da alcuni laser nemici e Cameron continuò a camminare verso quello che lui probabilmente pensava fosse il punto più distante da Alberto.

Stufa del suo comportamento, riuscii a liberarmi della sua stretta. «Ehi!» urlai contro di lui. Cameron si girò verso di me, guardandomi con un'espressione debole e annientata. «Cos'è successo?»

Nonostante fossi infastidita per il modo brusco in cui mi aveva trascinata via, non ero arrabbiata, volevo solo sapere cosa si fossero detti attraverso quelle insinuazioni. La sorpresa di vedere Alberto aveva mandato il mio cervello in confusione e, sebbene la risposta fosse palese a tutti, io non riuscii a trovarla.

Cameron non mi rispose. La rabbia che lo aveva spinto ad allontanarsi tanto velocemente da Alberto stava scemando e lui mi sembrò giù di morale. Con la mano libera si scompigliò i capelli e sbuffò.

«Tutto bene?» gli chiesi.

Di nuovo, non aprì bocca. Invece, si avvicinò a me e mi cinse con il braccio libero. Mi ritrovai con la testa schiacciata contro il suo petto. Troppo confusa, non ricambiai l'abbraccio.

«Promettimi che gli starai alla larga» mi pregò con voce preoccupata.

«Ma che ti prende?»

Mi allontanai da lui per cercare di guardarlo in volto.

«Promettimelo!»

Mi strinse la spalla.

«Solo se mi dici perché ti stai comportando così» sbottai.

Cameron distolse lo sguardo, infastidito. «Non capiresti» disse. «Lascia perdere.»

Prima che potessi replicare in alcun modo, si era voltato ed era partito alla carica. Rimasi ferma a fissare la sua schiena, oltraggiata per il fatto che mi stesse abbandonando senza alcuna spiegazione. Posai lo sguardo sul mio fucile, chiedendomi se sarebbe mai arrivato un giorno in cui un Nobili mi avrebbe detto la verità chiara e tonda. Immaginai che fosse un futuro impossibile.

Afferrai il fucile con entrambe le mani. Sembrava abbastanza leggero, quindi non avrei trovato difficile puntare gli avversari.

Mi presi alcuni respiri profondi per controllarmi. Non potevo permettere alle mie emozioni di sfuggirmi di mano. Se avessi dato loro ascolto, avrei picchiato Cameron con il fucile, costringendolo a parlare. Essendo in un momento della mia vita in cui non consideravo la violenza una risposta, optai per la calma.

Questa mia scelta di vita, però, non mi impedì di immergermi nello scenario: il mio fucile era vero, ero un soldato ed ero circondata da nemici. Pensare che avrei potuto sfogare la mia rabbia in quel modo mi rilassò, alleggerendomi il cuore.

Incrociai Cameron non molto tempo dopo. Era concentrato sul gioco e non sembrò fare caso a me. Per un momento, si rifece sentire il desiderio di aggredirlo, ma riuscii a resistere. Decisi di stargli lontana per il resto della partita, addentrandomi in zone in cui lui non sembrava intenzionato ad andare.

Sempre più immersa nella partita, arrivai a dimenticarmi momentaneamente delle ragioni dietro le mie emozioni. E quando ricontrai Cameron, verso la fine del tempo a nostra disposizione, ci nascondemmo insieme dietro una colonna. Ci scambiammo persino dei sorrisi divertiti.

La persona che invece incontrai solo di sfuggita fu Alberto. Si mosse come un fantasma, o un cecchino che sparisce dopo aver colpito il bersaglio, incurante della discordia che ha creato.

La partita terminò velocemente, passando senza che me ne rendessi conto. Una voce metallica ci avvisò che il gioco era finito e ci invitò gentilmente a raggiungere lo spogliatoio. Raggiunsi il nostro armadietto con un sorriso ancora stampato sulle labbra e un forte desiderio di tornare lì in futuro. Alla fine, sparare contro dei nemici si era dimostrato rilassante e, nonostante la discussione di prima, ero riuscita a smettere di pensare.

Ocean of LiesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora