Capitolo 38: 𝒅𝒂𝒓𝒆 𝒍𝒂 𝒄𝒂𝒄𝒄𝒊𝒂 𝒂𝒈𝒍𝒊 𝒛𝒐𝒎𝒃𝒊 𝒔𝒖 𝒖𝒏𝒂 𝒎𝒐𝒕𝒐.

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Ci intrattenemmo in diverse conversazioni prive di coerenza o sostanza. I convenevoli sembrarono l'unica via per alleviare l'atmosfera tesa tra di noi. Neels pareva essere in cerca dell'argomento perfetto e io ero incapace di ad aiutarlo. Ogni volta che sembravo essere sul punto di rilassarmi, i miei pensieri si facevano scuri, ricordandomi perché fossi distaccata.

Una situazione di stallo apparentemente impossibile da risolvere.

Come era successo durante gli appuntamenti precedenti, Neels pagò il conto, ricordandomi che loro padre stava finanziando il tutto.

Aspettò di essere uscito dal ristorante per dirmi che gli era piaciuto e che aveva mangiato bene. Gli risposi che era uno dei miei ristoranti giapponesi preferiti.

L'appuntamento sembrava ormai terminato e io stavo seguendo Neels per tornare ai parcheggi. Prima di raggiungere la porta d'uscita, passammo vicino alla sala giochi. Senza rendermene conto, mi fermai a guardarla, mentre ricordi felici rallegravano la mia mente.

Generalmente, si pensa che tutte le sale giochi siano identiche. Ma per me non era vero.

I ricordi, legati a quella in particolare, la rendevano unica. E il fatto che avesse sia una sala bowling e una dedicata al biliardo, probabilmente aiutava a darle un tocco di personalità.

Era da più di cinque anni che non entravo lì. Di solito, con i miei amici preferivano andare in un'altra, più grande e con più arcade tra cui scegliere. Ma quella era la sala giochi della mia infanzia, che riportava a galla ricordi malinconici, quelli di un tempo in cui ero stata davvero felice.

Mi rividi andare con i gemelli verso le moto, che si trovavano alla fine della sala, o giocare con Cameron e Filippo a bowling, gioco in cui facevo pena e perdevo sempre. O farmi battere da Jackson ai canestri.

Perché avevo smesso di andarci?

«Vuoi entrare?»

Neels si era fermato accanto a me e con una sola occhiata sembrava aver capito di cosa avessi bisogno. Alzai lo sguardo, chiedendomi se anche lui avesse ricordi felici di quel posto.

Lanciai un'altra occhiata alla sala, cercando di prevedere cosa sarebbe successo se fossimo entrati. Forse non sarebbe successo niente e io mi sarei annoiata, oppure avrei messo da parte il sospetto che Neels mi tradisse e mi sarei rilassata.

Fidandomi dell'istinto che spingeva per la seconda ipotesi, piegai la testa di lato e incontrai di nuovo gli occhi curiosi di Neels. «Perché no? Ma non restiamo molto.»

Sul suo volto si dipinse un sorriso divertito e felice. «Ti seguo» disse, facendomi segno di avanzare.

Agitata, quasi fremente dall'idea di giocare, spostai lo sguardo verso il mio primo obiettivo: comprare i gettoni. Raggiunsi la macchinetta con passo deciso. Neels si offrì di pagare anche quello, dicendo, felice: «Tanto non sono soldi nostri».

Immaginarmi mentre disperdevo i soldi di Flavio il Magnifico nelle sale giochi si tutta Italia mi diede una carica di energia. Se avessi fallito e fossi stata costretta a sposarmi, quello sarebbe diventato il piano F, ossia "Fiondarsi nella ludopatia", subito dopo il piano D "distruzione di massa".

Vedere la stessa eccitazione nell'espressione di Neels mi rese felice, facendomi sentire meno sola, compresa persino. «Da dove iniziamo?»

I suoi occhi azzurri si spostarono velocemente da un angolo all'altro, cercando di individuare ogni possibile arcade.

Quel pomeriggio, la sala era abbastanza piena: molte persone, soprattutto adolescenti, avevano deciso, come noi del resto, di sprecare i loro soldi giocando. Di conseguenza, le loro voci, unite ai rumori degli arcade, stava creando un suono alto e frastornante, in cui era difficile parlare. Nemmeno il casino, che io odiavo, bastò a tirarmi indietro. Cercai di muovermi tra le persone che, agitandosi convulsamente intorno a noi, stavano creando un ambiente claustrofobico e frenetico.

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