Capitolo 4: 𝒊𝒍 𝒓𝒂𝒈𝒂𝒛𝒛𝒐 𝒅𝒊 𝒄𝒖𝒊 𝒔𝒊 𝒅𝒊𝒎𝒆𝒏𝒕𝒊𝒄𝒂𝒏𝒐 𝒕𝒖𝒕𝒕𝒊.

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Mi vestii in fretta e recuperai lo zaino. Se lo avessi voluto, avrei avuto abbastanza tempo per fare colazione prima dell'arrivo di Chiara, ma decisi di non mangiare niente, preoccupata che anche lì qualcuno sarebbe venuto a infastidirmi. Andai però di nuovo in bagno, per finire di prepararmi e questa volta chiusi la porta a chiave, evitando così qualunque incontro.

Non avendo fatto colazione, uscii di casa una decina di minuti prima rispetto al solito. La mia amica non era mai in anticipo, quindi mi sedetti sui gradini del terrazzo davanti all'entrata della villa. Quando la vidi arrivare mi alzai per raggiungerla, felice di non dover più stare ad aspettare.

Chiara abbassò il finestrino e porse una mano per incitarmi a sbrigarmi. La sua auto, paragonata a quella degli altri abitanti di Villa Nobili, ricordava una mattonella finita nel pavimento sbagliato.

«Buongiorno» le dissi, sedendomi nel sedile accanto a lei.

Io e Chiara eravamo amiche dai tempi delle medie, la nostra sembrava essere un'amicizia capace di resistere ad alti e bassi. Era la persona più schietta che conoscessi e le volevo molto bene. Le ero stata accanto nei momenti meno felici ed ero (erroneamente) convinta che lei avrebbe fatto lo stesso per me.

«Come va?» Era una domanda consueta, un piccolo rituale che facevamo ogni mattina.

Fremevo dal desiderio di parlarle e raccontarle gli strani incontri con alcuni dei fratelli Nobili. «Non sai che è successo! Ti devo raccontare un sacco di roba.»

La cintura di sicurezza che avevo indossato rendeva più scomodo voltarsi verso di lei. Troppo inquieta, cercai di guardarla in volto, così da analizzare la sua reazione.

Chiara fissò con serietà la strada davanti a lei, mentre metteva in moto l'auto. «Ti ascolto.»

Si spostò i capelli neri dietro le orecchie decorate con due piccoli cerchi dorati. Teneva sempre i capelli corti fino alle spalle, trovandoli altrimenti fastidiosi. Un tempo, ogni volta che veniva a casa mia, si truccava pesantemente, nel caso avesse incontrato Jackson. Ma da quando si era fidanzata, aveva messo da parte la cotta che aveva provato per lui, ed era tornata ad usare una quantità minore di trucco.

«Allora,» esordii. «È da ieri che alcuni dei miei fratellastri, in particolare le scimmie palestrate, si comportano in modo strano.» Quel nomignolo era entrato nel mio vocabolario tanto in fondo da arrivare al punto che tutte le mie amiche e amici sapevano di chi stessi parlando.

«Ah, sì?» disse, poco coinvolta.

«Prima, i gemelli si avvicinano a me e mi rivolgono la parola, poi ho un imbarazzante dialogo con Filippo e, infine, Neels entra nel mio bagno e cerca di conversare» dissi tutto d'un fiato.

«Aspetta, aspetta... Cosa?»

«Lo so!», esclamai, mostrando lo stesso disorientamento.

«Ricomincia da capo» disse, ridacchiando. «Ma prima ricordami chi è Neels.»

La guardai confusa. «In che senso "chi è Neels"? È uno dei miei fratellastri.»

«Tesoro, ne hai così tanti, non puoi aspettarmi che mi ricordi i nomi di tutti.»

Scoppiai a ridere, divertita dall'idea che per il resto del mondo quei ragazzi fossero delle nullità.

«È quello biondo che parla poco e sta sempre con Lucky» spiegai.

«Quello inglese?»

Strizzai gli occhi. «Ce ne sono due di inglesi.»

Il capofamiglia viaggiava spesso per lavoro e per questioni che riguardavano la nostra comunità. In questi viaggi, aveva conosciuto molte donne, tra cui la madre di Jackson.

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