L'istante in cui i miei piedi si staccarono da terra, capii che non sarei arrivata da nessuna parte. Lo compresi nell'immediato, proprio quando mi voltai, quando spinsi a terra una pila di confezioni di dolcetti per rallentare la tempesta che incombeva per estirparmi. Eppure quella consapevolezza non mi convinse a desistere; anzi, mi esortò ad accelerare, a bruciare ogni freno inibitorio. Gettai benzina sul fuoco, e proseguii.
Spintonai con veemenza lo strano ragazzo che, adesso confuso, mi fissava stralunato poggiato alla cassa: non capiva cosa mi portasse ad affannarmi in tal modo, ad allontanarlo così sgarbatamente dall'unica via d'uscita che mi si prospettava: dunque non parlò ma si lasciò inciampare contro il bancone del negozio, aggrottando profondamente le sopracciglia.
«Ma che cazzo...»
Fu il proprietario a capire prima di lui. I suoi occhi si caricarono di disperata consapevolezza mentre tentava di raggiungermi prima che uscissi. E «Jake! Fermala!» gridò, ma fu troppo tardi: feci soltanto in tempo ad udire le loro voci confuse e sguaiate accavallarsi, ché ero già in mezzo alla strada.
Per la prima volta in vita mia, ebbi paura davvero. E non fu tanto il timore di essere presa, quanto il terrore di aver macchiato la mia candida reputazione da persona per bene.
Quell'immagine di bambina che mi calzava a pennello, dietro alla quale mi nascondevo ormai da anni...adesso si era frantumata in infiniti cocci di ceramica, così, sparpagliati disordinatamente sul cemento bagnato. Eppure non persi tempo a raccoglierli: senza voltarmi né rallentare, iniziai a correre.Soltanto il mio respiro affannato fungeva da sottofondo a quella fuga sconclusionata: questo perché le orecchie mi si erano tappate. Fischiavano, quelle bastarde, mi rintronavano nel cervello quel fastidioso campanello ad intermittenza...poi, quando quest'ultimo si fece più sottile, ecco che iniziai a percepire lo sbattere delle mie suole sul marciapiede (ritmico come un tip tap) e il rumore sordo del borsone che mi rimbalzava contro la coscia ad ogni passo.
Per un attimo mi illusi che quelli sopraelencati fossero gli unici suoni che accompagnavano la scena squallida di cui ero diventata protagonista; tuttavia, mi resi presto conto che una tale supposizione non poteva essere più sbagliata.
Perché io...io lo percepivo. Lo sentivo, lui, alla mia spalle. Poco distante, eppure irrimediabilmente lontano, col petto a sollevarsi ad ogni respiro affannoso, con le lunghe gambe a scavare pesanti e violenti passi nel cemento, con le mani protese, come a volermi afferrare i capelli e le spalle. Riuscivo quasi ad avvertire le sue dita serrarsi attorno alle mie caviglie; se chiudevo gli occhi e smettevo di fuggire, ero in grado di sentire il suo respiro rompersi in ringhi turbolenti e avvelenati dalla rabbia, in puro affanno animalesco. Lì, in quel momento, compresi di non avere alcuna speranza.
Eppure quello non fu sufficiente, non bastò a farmi desistere. Perché quei sette mesi mi avevano trasformata in una selvaggia, in una scapestrata coi denti serrati che non avrebbe ammesso una sconfitta neanche se quest'ultima si fosse messa a schiaffeggiarla.
Vivevo in un corpo vuoto come un fantoccio, trascinavo a fatica i fili da burattino che mi sorreggevano, ma lo facevo coi denti e con le unghie, ostinata come una roccia, a testa bassa, ma senza fermarmi. Ero certa che il fondo, prima o poi, dovesse essere toccato - ma quando credevo di averlo raggiunto quello piombava sempre più in basso, dispettoso, sempre più giù...al punto che credevo che mi sarei presto persa nelle lingue d'oscurità che mi avvolgevano soffocanti.
Poi sentii la sua voce. Per la prima volta quel tono roco stroncato dall'affanno permeò l'aria e mi raggiunse come un proiettile, sfondandomi le orecchie e il cuore. Mi stroncò in due quel «Ladra! Maledetta! Torna qua!» perché rimbalzò tra le pareti d'aria che mi si sbriciolavano addosso passo dopo passo. E la fatica mi appesantiva le spalle, e pian piano gli occhi mi si inumidirono per la stanchezza, per la paura, per il dolore, per quella strana sensazione che non mi abbandonava mai...come se zoppicassi, come se...
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sangue nell'acqua [hs]
FanfictionHarry era questo, Harry era una carezza e uno schiaffo. Due occhi incastrati in un volto troppo cupo per meritare quella vitrea freddezza, quello scorcio di cielo gettato sul suo viso serio, distorto in un'espressione di puro sdegno per la vita - c...