Obbligo o Verità?

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Dopo interminabili minuti di chiacchere e convenevoli vari, finii nel sedile posteriore dell'auto di Harry, una Audi A3 g-sport grigio metallico. Lui e Jake se ne stavano l'uno al posto di guida e l'altro sul sedile del passeggero, e intanto Steve, Jenna e Grace ci seguivano a breve distanza nell'auto di lui.
Dentro di me, silenziosa come non mai, l'agitazione continuava a crescere.

Frattanto, con la tempia poggiata contro il finestrino, osservavo assorta il paesaggio sfilare dietro di noi così velocemente che pareva avesse fretta di nascondersi. Un po' come me, che in quel momento avrei preferito trovarmi ovunque piuttosto che in quell'abitacolo.

Harry, di tanto in tanto, mi lanciava qualche occhiata furtiva attraverso lo specchietto retrovisore, eppure taceva, preferendo rimanere concentrato sulla strada con una mano sul volante e l'altra a penzolare fuori dal finestrino abbassato. L'aria era fredda, aggressiva, e mi causava cascate di brividi lungo il collo e la schiena; tuttavia preferii non intervenire e iniziai a strofinarmi piano le braccia.

Finché Jake: «Hai freddo? Vuoi che chiudiamo?»

Non volevo diventare di nuovo una fonte di disturbo, ma l'idea di contrarre una broncopolmonite mi convinse a mettere da parte l'orgoglio e accettare la resa.

«Se non è un po' problema.» mormorai, e subito udii il sospiro di Harry, che controvoglia chiuse il finestrino e strinse il volante con ambo le mani. Sembrava teso, tanto che la sua agitazione si fuse alla mia, e ben presto divenni un disastro di battiti e tensione nervosa.

«Allora, sei emozionata?» Jake si voltò nella mia direzione e fece sfoggio del suo sorriso migliore. Neanche la gentilezza di occhi acquamarina riuscì a tranquillizzarmi, ma tentai di mascherare le mie emozioni dietro ad una smorfia divertita.

«Diciamo di sì.»

Tremavo. Avevo la sensazione che Jake lo avesse già notato, e che avesse iniziato una conversazione nel tentativo di distrarmi dai miei pensieri contorti. In un modo o nell'altro, senza che riuscissi a capire come o quando o perché, lui riusciva sempre a cogliere il dettaglio.

«Appena avrai rotto il ghiaccio, il resto verrà da sé. Vedrai.»

«Speriamo.» sussurrai, più desolata di quanto sperassi. Ero consapevole di star esagerando - in fondo non si trattava di una tragedia, ma rimanevo una ragazzina complessata, e l'idea di essere derisa mi spezzava l'entusiasmo.

Giungemmo a destinazione un quarto d'ora di silenzio dopo. Gli altri erano già arrivati e ci aspettavano trepidanti sul bordo del marciapiede, e quando accolsi coraggio a sufficienza per scendere dall'auto, mi sentii ridestare da un improvviso capogiro.

Di fronte ai miei occhi si stagliava con evidente arroganza un'enorme residenza dal cortile gremito e rumoroso: era una villetta bellissima, vivace, con edere selvatiche che si inseguivano elegantemente sulle mura esterne, evanescenti per le luci blu, gialle e fucsia che le venivano sparate contro ad intermittenza.

Una bolgia di voci e colori che rischiò di provocarmi un conato nervoso.

«Non è meraviglioso?» domandò Grace. Guardava nella mia direzione come alla ricerca di una conferma, ma non si azzardava ad avvicinarsi perché gli occhi di Jenna la tenevano ancorata al proprio fianco. Decisi di non biasimarla, perché non mi aspettavo che rischiasse l'amicizia di una vita a causa mia, una reietta incapace di apprezzare le bellezze della vita.

«Già.» mormorai, eppure la mia voce tremava, e il mio corpo rimaneva dietro a quello di Jake come se quest'ultimo potesse farmi da scudo.

Non appena facemmo il nostro ingresso in villa, compressi tra corpi di giovani in fibrillazione, Steve iniziò a sbracciarsi per attirare l'attenzione del padrone di casa, Travis, protagonista di una vivace conversazione in fondo all'atrio centrale che si affacciava sulla sala da pranzo.

sangue nell'acqua [hs]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora