Grace venne a parlarmi il giorno seguente. Mi si era avvicinata con la scaltrezza di una volpe e aveva tentato un approccio all'apparenza amichevole per attirare la mia attenzione.
Era lì ad uno scopo ben preciso: a sua detta desiderava scusarsi per il comportamento di Jenna che, giorni addietro, era arrivata a mettermi le mani addosso.L'avevo giudicata a priori sulla base dell'antipatia che pensavo covasse nei miei confronti, eppure i suoi modi gentili mi parvero quantomeno sinceri. Era una ragazzina esile ma vivace, frizzante come una boccata d'aria fresca, dai tratti morbidi e sinuosi.
Decisi di crederle.
«Davvero, non so che dire...conosco Jenna da tutta una vita e non si è mai comportata in questo modo.»
Io, immobile dall'altro lato della stanza (la mia stanza) finsi di acconsentire con un sottile mugugnare, e mentre Grace si guardava intorno curiosamente i miei occhi la seguivano con attenzione.
Sembrava voler imprimere nella propria mente ogni spigolo e ogni angolo del posto, quasi come a volerlo scandire con lo sguardo per non dimenticarlo mai.Quell'atteggiamento di improvvisa benevolenza strideva come un treno in corsa su vecchie rotaie, ma la mia disperazione era arrivata al punto di illudermi che apprezzassi le sue attenzioni.
Eppure sentivo come tutto quello fosse sbagliato...perché Grace era tanto cortese da fingere un sorriso per non farmi tremare, ma la realtà era che lei non mi conosceva, e i miei occhi scostanti non le apparivano sinceri.
Io ero così, così e basta, e nulla avrebbe potuto cambiarmi, perché tentare di farlo avrebbe troncato ogni curva del mio essere. Una coltre di nebbia mascherava con la propria pesantezza ogni fascio di luce irradiato dal mio cuore pulsante, e io volevo custodire ognuno di essi, e mostrarli solo a chi avrebbe saputo apprezzarli. Anche a costo di lasciarli soffocare...
Eppure fui io la prima a parlare. Aprir bocca fu come lacerarmi la gola, e mi riduceva in brandelli dover apparire come la ragazza fragile che in realtà ero - tuttavia le parole mi furono strappate di bocca dai suoi occhi: oh, come parlavano i suoi occhi! Mi stavano lasciando lo spazio di espormi, mi stavano dando la possibilità di emergere con coraggio, e io afferrai quell'occasione con le dita che tremavano contro i palmi.
«Mi dispiace molto.»
Il suo sguardo si fissò sul mio volto e lì rimase. Così, esattamente come le iridi, anche il resto del suo corpo si fermò e si aggrappò a quell'attimo fuggente, come a volerlo bloccare in quell'istante di infinito silenzio.
«Davvero, Grace, scusami.»
Avevo un nodo alla gola che minacciava di strangolarmi, e il peso di quella confessione era pronto a schiacciarci entrambe.
«Maia...» lei, gracile come ali di farfalla, pareva a corto di parole, «Di cosa ti stai scusando?»
Ero sempre stata un bocciolo di contraddizioni e follie, ma la morte di mia madre aveva trasformato la mia indole fluida in un uragano di ossimori: e dunque, nel momento in cui le mie difese si abbassavano, nel momento in cui le minacce altrui sembravano essersi acquietate, le mie emozioni esplodevano tutte insieme, e mi consentivo di essere vulnerabile, in quel momento in particolare, perché volevo davvero che Grace mi guardasse con gli occhi di chi ti vede attraverso.
Sembrava disposta...sì, mi dissi, era lì per lasciarmi lo spazio di confessare. Lei voleva sapere, esattamente come tutti gli altri...ma lo lessi nei suoi occhi, proprio in quel momento, mentre mi guardava...che lei, a differenza degli altri, era disposta ad ascoltare.
«Io lo capisco, sono sincera.» mormorai, «Sono arrivata qui coi miei guai, e mi sono messa in mezzo, io ho...rovesciato gli equilibri, ma non ho intenzione di prendere il posto di nessuno.»
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sangue nell'acqua [hs]
FanfictionHarry era questo, Harry era una carezza e uno schiaffo. Due occhi incastrati in un volto troppo cupo per meritare quella vitrea freddezza, quello scorcio di cielo gettato sul suo viso serio, distorto in un'espressione di puro sdegno per la vita - c...