Mason O'Connor

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Suoni e colori si fusero in un caleidoscopio di immagini liquide.

Gli eventi si susseguirono come scatti di una pellicola anni '90, e in quella marea di risate e Sambuca iniziai a perdere la percezione del reale.

Non che mi si potesse definire ubriaca! Avevo ancora pieno controllo di me stessa, ma la pesantezza che sino a quel momento mi aveva cinto le spalle sembrava essersi lentamente disciolta.

Quel nodo alla base del ventre, quel nodo che mi bloccava a metà sospiro...io non lo avvertivo più. Non si dimenava più, non scalpitava sotto la mia pelle per tornare egemone.

Ero libera da me stessa. Ero Maia, la ragazza americana rimasta indietro, bloccata come in una pellicola cinematografica al giorno in cui aveva perso la madre. Ero sempre io; tuttavia completamente diversa!

Nel frattempo il gioco era proseguito, e la mia mordace frecciatina non era passata inosservata al resto del gruppo, tant'è che ero stata costretta a buttare giù altri tre shottini di liquore pur di non cedere a obblighi impudenti e verità altrettanto fuori luogo.

I giri proseguivano, i turni passavano da una mano all'altra, i bicchierini venivano riempiti di nuovo, le risate si facevano più grasse, e intanto io osservavo il tempo scorrere come se potessi vederlo consumarsi.

Me ne stavo lì, in disparte, con la testa sulla spalla di Jake e gli occhi altrove, curiosi e tumidi di liquore, e lo stomaco e la gola continuavano a bruciare, e le mie gote erano più rosate e calde, e le mie ciglia svolazzavano come falene sulla sommità degli zigomi.

I capelli come una carezza di seta sul collo, le ginocchia tremule, il sorriso a fior di labbra, lo sguardo stordito ma sereno, tuttavia ancora consapevole.

Attendevo che il tumulto si acquietasse e che la pellicola anni '90 riprendesse a girare dopo essersi bloccata a quell'istante.

«Tutto okay?» Jake rise nel mio orecchio e mi solleticò il volto col suo respiro - anice e tabacco; arricciai il naso e tornai composta.

«Mh-mh.» mugugnai, ma guardavo altrove. «Comincio ad annoiarmi.»

«Non ti preoccupare, adesso andiamo di sotto. C'è la musica.»

Il mio umore calò a picco. Se la simpatia della gente e lo stordimento dell'alcool avevano sopito la mia tempesta emotiva, la musica, la folla e la confusione avrebbero riaperto la ferita appena rimarginata.

«Ma come? Perché non restiamo qui e facciamo un altro gioco?»

Jake sorrise appena, come se di fronte a sé avesse una bambina ingenuotta e sciocca.

«Di sotto si balla, è pieno di gente...è la parte migliore della serata.»

Distolsi lo sguardo per evitare di sbuffargli in volto: ecco che la situazione si era rovesciata di nuovo, in uno schiocco di dita. E non potevo impedire a me stessa di pensare che non avessi altra scelta se non seguire il resto del gruppo al piano inferiore.

Non appena mi voltai, avvertii il viso di Steve accostarsi al mio, scottante, e la sua voce profonda vibrare contro la mia pelle.

«Maia, c'è un tipo che ti fissa da mezz'ora.»

Persi un battito e smisi di respirare, e intanto una scarica elettrica mi attraversò nervo per nervo.

«Dici sul serio?»

«Lo conosco, si chiama Mason. Vuoi che te lo presenti?»

«Cosa? No!» sbottai. Le gote mi andarono a fuoco, si incendiarono di botto, e le mani presero a scottarmi.
«Voglio dire, non importa. Sarebbe imbarazzante.»

sangue nell'acqua [hs]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora