Follia

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Sotto le narici mi sfrigolava l'odore acre della sconfitta e dell'umiliazione. Il vuoto colmava i miei palmi piantati a terra, immobili sulla superficie lignea, mentre tutt'intorno la vita pareva essersi fermata a guardare.

Ero in trappola. China a terra, ormai ridotta all'osso dal potere corrosivo della depressione.

Morii lì, dinnanzi agli occhi di tutti, ma solo Harry riuscì ad udire l'infrangersi scomposto della mia anima. Fu un fruscio lieve, silenzioso, che sfumò in un battito frenetico di ciglia. Ma quando sollevai lo sguardo, persa, lo vidi riflettersi negli occhi storditi di lui, ammantati dei fumi di vita e di morte.

Fu il primo ad accorrere in mio aiuto. Prima ancora che riuscissi a balbettare qualche parola di scuse lui si era già sollevato, celando il mio sguardo umiliato dietro all'immensità del proprio corpo.

«Non è successo niente.» si affrettò a rassicurarmi, scorgendo nel languore dei miei occhi il folle desiderio di scoppiare a piangere. Soffocai un singhiozzo sotto la lingua, ma gli sguardi che percepivo inerpicarmisi addosso riuscirono a trascinarmi inesorabilmente sull'orlo di una crisi di panico.

Tutto si confuse nella mia mente: la mia percezione distorta della realtà, il senso di inadeguatezza e di abbandono che avvertivo divorarmi le budella, la pietà e il disgusto dei volti che la linea solida delle sue spalle non riusciva a nascondere al mio sguardo.

Presto tutto sfumò piano, sdrucciolando via dalle mie percezioni, ma oramai la bomba era già stata innescata: Harry sussurrò di nuovo non è successo niente, e le nostre mani si sfiorarono sopra i cocci rotti sparsi sul pavimento, ma mi vidi incapace di comprendere appieno le sue parole e mi rifugiai in un silenzio pregno di mortificazione.

Fu per questa ragione che non mi accorsi della presenza di Thomas alle mie spalle finché Harry non sollevò lo sguardo, piantandolo con circospezione su un obiettivo in avvicinamento: quando mi voltai, improvvisamente sulla difensiva, la sua mano mi stava già guidando gentilmente in piedi. «Non preoccuparti, qui posso pensarci io.»

«Sono mortificata.» mormorai con un filo di voce, i pugni serrati lungo i fianchi, le unghie a incidermi i palmi bollenti. Il suo sorriso non tradì alcuna forma di scontento, dunque indietreggiai, percependo la figura di Harry stagliarsi rassicurante alle mie spalle.

«Sono inciampata senza neppure rendermene conto.» continuai, mentre a poco a poco gli sguardi dei più curiosi perdevano di interesse e tornavano a rivolgersi agli spiragli più ombrosi del locale. Jake e gli altri, un poco più distanti alle nostre spalle, giacevano in un silenzio stranamente teso, forse conscio del mio insolito tribolare e stupito dalla rapidità con cui Harry aveva saputo rispondere alla precipitosità della situazione.

Thomas si piegò per raccogliere i vetri infrantosi a terra. «Sei certo di non volere una mano?» ma non appena tentai di guidare le ginocchia sul pavimento il palmo di Harry si strinse con fermezza attorno al mio gomito.

Mi rivolse uno sguardo tanto indecifrabile che avvertii le caviglie sbriciolarmisi. Era chiaro. La mia voce trasudava panico e rimorso, una vergogna spropositata che, evidentemente, non aveva nulla a che vedere con la sbadataggine di una cameriera alle prime armi col mondo del lavoro.

Lui conosceva il mostro con cui stavo combattendo in quel momento. Lo vedeva dibattersi nelle mie iridi spente; percepiva il suo ruggito nel tremolìo della mia voce, nel gelo incontrastabile dei miei polpastrelli.

Si illudeva di potermi salvare dalla bestia contro cui aveva perso innumerevoli battaglie.

Quel dolore...che corrode senza fretta; che scava e scava, che divora briciola dopo briciola, svuotando un'anima già priva di future prospettive di gioia eterna.

sangue nell'acqua [hs]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora