Predatore

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Harry era splendidamente enigmatico. Alto e crudele come un angelo caduto, con gli occhi grandi e schivi e aridi, coi lineamenti che profumavano di notti novembrine e piogge torrenziali.
Lui era capace tanto di proteggere quanto di distruggere, e poteva urlare come sussurrare cauto, e sapeva sorridere o ruggire come un leone.

Era così... lui era il perfetto bilanciamento degli opposti, un pugno di contraddizioni folli e stridenti.

Quella sua sensuale misteriosità lo rendeva terrificante: nessuno avrebbe potuto definire le sfumature dei suoi sguardi o cogliere le sottili tracce di veleno che si celavano aldilà delle sue parole soppesate. Era un gioco di doppi sensi, di allusioni maligne, di brividi lascivi sul retro del collo.

E mai, mai sarei riuscita a comprenderlo, perché uno come Harry avrebbe preferito morire piuttosto che lasciar trapelare anche solo un effimero raggio di chiarezza.

Eppure spesso si lasciava tradire dal suo stesso atteggiamento, da quel costante protendere verso la scelta più giusta, perché Harry non era crudele - non lo era mai stato.
Ed Harry voleva fare bene ma non conosceva i mezzi adatti, e si lasciava trascinare dall'istinto e dalla passione...sì, lui era tutto questo, un capolavoro di sangue e fiamme, un cuore pulsante di emozioni violente.

Lo guardavo da lontano come la spettatrice di una pellicola cieca, con occhi che agognavano una luce più vivida e pura, perché vedevano solo lui, solo lui, lui che non mi guardava o lui che mi divorava con sguardi di ghiaccio.

I suoi occhi erano la sua arma più forte, e potevo avvertirli sulla pelle come palmi caldi ad avviluppare le carni tenere del mio corpo - erano sulla mia nuca, sulle mie ginocchia e poi assenti, lontani da me.

La convinzione che lui mi detestasse ancora germogliava in me come una rosa avvelenata. Pungeva con le sue spine, apriva ferite che andavano in cancrena, ma restava lì, crudele e delicata, a farmi bruciare le viscere di sconsolata rassegnazione.

Eppure Harry era ombra e luce, Harry eludeva, Harry non lasciava trapelare le proprie pulsioni incontrollate. Harry mi guardava con gli occhi di chi ti vuole tutelare, di chi trema dal timore di spaccarti.

Perché quando io, vinta dallo sconforto, abbassavo lo sguardo a terra, quello di Harry tornava a carezzarmi le spalle, timoroso e schivo, quasi a volersi assicurare che fossi ancora lì di fronte al suo tumulto di rabbia e impazienza.

Ero ancora cieca - inibita. Il tremito dei suoi polsi mi era estraneo così come lo era il vibrante crepitio del suo sangue. Non avevo ancora imparato a leggere le sue pagine, e ancora non capivo perché rispondesse alle mie dolcezze con sferzate di veleno.

Eppure lui si ostinava e proseguiva a testa bassa, e mi gettava addosso la sua incapacità di comprendere e accarezzare, e si avvicinava per fare del male, ritirandosi poi nella sua vergogna di bestia ferita.

E anche quando si protendeva di fronte alle mie membra per proteggere la loro tenerezza dalle mani dei violenti, lo faceva senza guardarmi, impedendomi di affondare nelle crepe del suo timore incontrollato di apparire vulnerabile.

Me lo provò quando Oliver Douglas si fece predatore. Harry mi aveva già dimostrato la sua propensione ad aggredirmi per proteggermi, e io, cieca, lo avevo respinto nell'immediato, offesa dal suo strano atteggiamento e ignara dello sguardo lascivo che mi scorreva sulla pelle.

Oliver tornò al Red Lion la seconda serata di novembre, e si rivolse direttamente a me che zampettavo irrequieta dietro il bancone del locale. Evitavo il suo sguardo e il mio cuore divampava in fiamme di inquietudine, perché mi esplodevano in testa le parole di Jake e le minacce di Harry, di Harry che voleva proteggermi ma che lo faceva con zanne di bestia cattiva.

sangue nell'acqua [hs]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora