Gelosia

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Risuonava nell'aria la graziosa risata di Grace. Intorno a noi, la cucina era bagnata dalle prime luci mattutine.

In quel frangente di serenità le vicende degli ultimi giorni lasciarono spazio ad una pace che, sebbene effimera, mi concesse una tregua dal tumulto della mia vita.

Dunque me ne stavo stretta lì, su quella sedia di legno, coi piedi a sfiorare il pavimento freddo e i gomiti puntellati sul tavolo della cucina.

Di fronte a me, una Grace esuberante mi rivolgeva le spalle sottili.

«E quindi, ti dicevo» riprese lei, continuando a tagliare le fragole in cubetti con minuzia maniacale, «c'è questo tipo strano che continua a chiedere di me in giro - voglio dire, è inquietante! Non scherzo se ti dico che ci ho parlato soltanto una volta ad una festa. E poi si chiama Trevor, che cazzo di nome è Trevor?»

«Mh-mh» acconsentii, fingendo di prestare interesse alla questione mentre mi portavo la tazza alle labbra, soffiandovi dentro.

«Sì, diamine, inizia a spaventarmi. Quale sarà il prossimo passo, inizierà a seguire i miei spostamenti? Ma te l'ho detto che ha chiesto il mio numero a Steve?»

Interrompendo il suo soliloquio Grace si voltò nella mia direzione, scuotendo il coltello per aria e rivolgendomi uno sguardo magnetico e pregno di aspettativa.

Sollevai entrambe le sopracciglia, sorpresa dal suo entusiasmo.
«Sì, insomma...assurdo.»

«Infatti, è assurdo!» Soddisfatta della mia risposta lei si voltò nuovamente, riprendendo da dove si era interrotta.
«Potrei capire l'insistenza se gli avessi dato modo di avvicinarsi...ma il disinteresse è piuttosto evidente.»

Socchiusi gli occhi in uno sbadiglio leggero, fiacco, e quando li aprii di nuovo, colmandoli di luce e di vita, trovarono un appiglio nel sorriso storto di Grace.

Si era accostata al tavolo con un piatto ricolmo tra le mani: sulla ceramica splendente si ergeva una pila di frittelle dolci, sormontata sulla cima da una deliziosa macedonia di fragole e kiwi.

«Hanno un aspetto magnifico!» squittii, irrigidendomi sulla sedia, pregna di un'eccitazione febbricitante.

«Hai visto, eh?» mi canzonò lei, bonaria, mentre prendeva posto di fronte a me.

Era una mattina come tante altre; una giornata grigia, animata da un tormento fioco ma costante che brulicava sotto la mia pelle...eppure Grace aveva portato con sé un po' di sole, un po' di amore, e mi crogiolai in quel nuovo calore come se non avessi modo di contrastarlo.

Come se anche la mia anima, per quanto selvatica e irrequieta, meritasse una tregua dall'agonia che la natura le aveva impresso addosso come uno stigma.

Le mie labbra affondarono in quella burrosa morbidezza.
«Mh» mugugnai, abbandonami ad un apprezzamento che mutò i miei occhi in due sornione mezzelune, «Cristo, Grace, sono buonissime.»

Era passato del tempo, la diffidenza iniziale si era dissipata. Oramai potevo definirla mia amica. Oramai potevo...darle fiducia.

«Che ti dicevo?» commentò lei, le gote rese arcigne da un sorriso che le aveva catturato ogni lineamento.

Il suo discorso riprese dal punto in cui si era interrotto. E tra una cosa e un'altra, in quella fitta ragnatela di nomi, le mie orecchie catturarono un suono familiare, una stoccata gelida che la mia pelle non aveva mai dimenticato...Jenna.

«Sì, lei mi dice che sono esagerata, che dovrei provare a conoscerlo...ma non credi che così non farei altro che illuderlo?»

Ad accogliere il suo parlottare fu soltanto il mio silenzio. Grace mi guardò, dubbiosa, e mi colse ad occhi bassi, con la forchetta a grattare piano la ceramica del piatto.

sangue nell'acqua [hs]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora