Spiraglio

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Avvertivo tra le mani un tessuto non familiare. Intorno a me, un ambiente a cui sapevo di non appartenere.

E immerso negli occhi, come un mare in tempesta, il volto pietrificato di Harry.

Il fiato lo avevo appeso ad un filo sottilissimo. Lo trattenevo dietro le labbra serrate, congelata, quasi avessi dimenticato come si vive senza restare in apnea.
E sebbene il cuore mi tremasse nel petto con un'intensità tale da fare male, la statica incredulità di Harry mi impose di restare ferma.

Premuta tra pieghe di lino e profumi d'incanto, sovrastata dal suo corpo che palpitava come un fuoco vivo.

Il mondo si era rovesciato dietro le mie palpebre chiuse.
I pacati ritmi del mio essere, la morbidezza dei miei gesti - tutto, tutto era spirato in quell'uragano di pelle e sospiri. Come se, ora che i nostri corpi erano tornati a combaciare, il silenzio di quei lunghi giorni facesse improvvisamente rumore.

Avrei voluto parlare. La tempesta emotiva che si dibatteva nel mio ventre premeva ardita per separarmi le labbra e vibrare tra i nostri sospiri trattenuti - eppure gli occhi di Harry facevano paura.

Erano due cristalli inespressivi.
Pupille ridotte a granelli di sabbia, e ad abbracciarle iridi sottili, verdi come spighe di grano non ancora maturo. Intorno a loro, folte corone di ciglia scure.

Avvertivo il peso del suo corpo su gambe e fianchi, le ossa del suo bacino conficcate nella pancia, e il tremito sottile delle sue braccia, ai lati del mio volto impassibile.

Tutto il resto, intorno a noi, scomparve. I suoni si fecero ovattati, distanti, e i colori appassirono in una foschia brunita. Gli unici contorni che distinguevo, netti e incisi, erano i suoi.

Ma qualcosa in lui era mutato.
Nel tempo, avevo imparato a conoscere i suoi spigoli e tentato inutilmente di smussarli.
Avevo sopportato i suoi affondi, le sue parole cattive, i suoi silenzi pregni di dissenso. Ma in quel momento, turbato e fisso nei miei occhi, Harry si era ammutolito.

E nel silenzio la sua anima inquieta parve sopirsi, fiacca, vestendosi di una cedevolezza che mi sconvolse.

«Harry.» balbettai in un sussurro, riscossa dal suono stesso della mia voce - un pigolio innocuo, silenzioso.
«I-io dovrei...»

Sentirlo così vicino, premuto contro il mio corpo come se gli appartenesse, rendeva più complesso lo sforzo di non apparire vulnerabile.
Ma coi suoi occhi a ridisegnare ogni curva del mio volto, col suo respiro sulla pelle e sulle labbra, ogni mio proposito iniziò a disfarsi: mi mostrai ad Harry come l'anima cruenta e sensibile che ero diventata - e lo feci inconsapevole, trasparente come uno specchio d'acqua in cui lui poté riflettersi.

«Harry.» ripetei, la voce che ancora faticava a mantenere una nota telegrafica, monocorde.

Eppure lui non si mosse. Il suo sguardo assorto rimase fisso nel mio, come distratto, incantato, e il fiato mi mancò quando realizzai che non mi stesse ascoltando.

Harry non mi stava ascoltando.

Si mantenne placido e distante nella propria battaglia interiore. Potevo quasi vederla dimenarsi nelle sue iridi color foresta, animate da feroci venti boschivi.

Era...differente. Più debole. Meno crudo, meno violento, fragile, stanco.
Si arrese alla sensazione del mio corpo stretto al suo e un sospiro profondo mi scompigliò i capelli avvolti intorno alle orecchie.

Mi lasciò intravedere un po' di sé, solo uno spiraglio, solo la speranza di conoscere più a fondo la sua natura instabile ma generosa.

Poi la sua mano destra, paziente e delicata, raggiunse le venature sensibili disegnate sul mio polso tremulo, proprio sopra la mia testa, sul cuscino impregnato di profumi tersi e battiti ferini.

sangue nell'acqua [hs]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora