Veleno di serpente

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In un primo momento credetti che i miei occhi mi avessero ingannata, poiché l'oscurità era tale da impedirmi di distinguere dove il corpo di Harry iniziasse e dove finisse.
Tuttavia riuscii a percepire il suo sguardo attento carezzarmi la pelle del volto come il respiro caldo di un amante.

Vittima di un gesto inconsulto, ebbi un tuffo al cuore quando lui si alzò da terra in uno strascichio di vestiti stropicciati. Ripose la sigaretta nel pacchetto apposito, lento e posato (non aveva fretta), e lo nascose nella tasca posteriore dei jeans, il tutto senza mai incontrare i miei occhi bollenti: riuscii a distinguere nitidamente i suoi contorni eterei solo quando si fece più vicino, statuario come un angelo terreno.
Era sempre lui, sempre il solito Harry silenzioso e maliardo, ma i suoi occhi luminosi, incerti sul mio volto dubbioso, sembravano macchiarsi di una curiosità nuova.

Tant'è che mi chiesi se mi stessi immaginando tutto. Eppure lui era lì, lì, proprio di fronte a me, rigido e imperscrutabile, immobile nel proprio silenzio di lupo.

E la mia mano destra, che nel frattempo si era avvolta attorno alla maniglia della mia porta, cominciò ad arricciarsi nervosamente, così come accadeva ogni qualvolta che Harry mi rivolgeva quello sguardo: i suoi occhi di felino si erano cristallizzati nei miei, allontanando ogni possibile distrazione per riservare al mio povero cuore la loro completa e assoluta attenzione.

E quindi mi persi. Il nervosismo avvelenò i miei battiti nervo per nervo, fibra per fibra, riducendomi ad una tremula luna riflessa su uno specchio d'acqua: fui toccata dal suo guardarmi, e non semplice vedermi.

Ebbi la sensazione di stargli fornendo tutte le risposte che era venuto a cercare, perché il suo sguardo divorava senza pietà ogni traccia di cuore vulnerabile che percepiva sul mio volto: mentire mi era facile con chi mi vedeva, ma impossibile con Harry che mi guardava come se fossi la stella più luminosa del firmamento.

Oh, quel momento non lo avrei più dimenticato. Sarebbe rimasto inciso nei miei ricordi come il primo sguardo di adorazione che Harry mi avesse mai rivolto - dopodiché, come riscosso da un lungo sogno, lui sembrò riprendersi, diluendo la sua sensibilità in veleno di serpente.

Mi guardò come aveva sempre fatto, dall'alto della sua aria di superiorità, con quella evidente traccia di diffidenza che non si imponeva mai di nascondere - perché non gli interessava sottrarmi al disagio e al senso di smarrimento che i suoi occhi mi gettavano addosso.

No, Harry non se ne preoccupava.
Lui agognava la mia vulnerabilità.

Percepiva quanto duramente tentassi di celarla dietro spalle dritte ed espressioni modulate, ma riusciva a cogliere i tremiti di emozione che mi rompevano la voce - che fosse rabbia o pianto a lui non importava! - e il nervoso battito cardiaco che sembrava dimenarsi sul mio collo, sotto la giugulare, laddove lui puntava i suoi occhi curiosi come un predatore affamato.

Non mi ero mai sentita a mio agio di fronte a lui, ma in quel momento potei giurare di star tremando. Il suo non era odio, no! Lui aveva gli occhi di chi non ha bisogno di parlare per far paura. Tutto qui. Tant'è che, quando lui accennò ad avvicinarsi ulteriormente, una scarica di brividi mi graffiò il collo.

Poi la sua voce profonda stracciò l'aria, spaccando l'atmosfera in cocci di vetro.

«Perché lo hai fatto?»

Impiegai un attimo di troppo per rispondere alla sua domanda: capii a cosa si riferisse solo quando riuscii a sopire il tumulto che andava espandendosi al centro del mio petto.

«Perché Jenna mi ha provocata.»

Fui semplice e concisa. La mia intenzione, infatti, era quella di troncare la discussione sul nascere, perché la rigida tensione del suo corpo e la curiosità famelica del suo sguardo erano i presupposti di una discussione che mi avrebbe turbata più di quanto fossi disposta ad ammettere.

sangue nell'acqua [hs]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora