Attimi di terrore

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Ero sempre stata una persona particolarmente diffidente, dalla personalità complessa e poco incline al compromesso - tendenzialmente irascibile, scostante e osservatrice; in fondo avevo occhi di serpente...

Tuttavia, quella maschera d'odio e di arroganza nascondeva un cuore pulsante di paure e di timori, e di dolci sorrisi e di gesti d'affetto ricoperti di zucchero. Era il mio terrore del prossimo ad impedirmi di ragionare razionalmente, e quindi di agire in complicità e simpatia.

Di conseguenza, a primo impatto, quest'apparenza così chiusa e scostante portava le persone giudiziose a definirmi fredda, arrogante, meschina - senza soffermarsi sul cuore tenero tenero che si agitava come una farfalla tra le costole di una figura così indocile come la mia.

Dunque pensai che fosse a causa della mia stramba personalità che mi sentii avvolgere da un velenoso capogiro. Non poteva essere altro. Non poteva essere quel branco di lupi affamati, perché in fondo di disgrazie ne sentiamo tutti i giorni, eppure ce le facciamo tutte scivolare addosso come se a noi non dovessero capitare mai.

Loro non avevano intenzione di infastidirmi - neanche mi guardavano, nemmeno tentavano di suggestionarmi...cercai di convincermene, eppure abbassai ugualmente lo sguardo a terra. Lo fossilizzai sulla punta delle mie scarpe, e il cuore mi batteva forte forte nel petto, e il sangue lo percepivo rombare nelle orecchie e nei polsi, tremuli come le mie labbra.

Addirittura iniziai ad additare me stessa! Mi colpevolizzai della mia eccessiva tendenza al disfattismo, di quel costante protendere verso l'ipotesi peggiore - eppure era tutto così buio, ed io ero così sola, fragile contro un chiassoso gruppo di uomini forti, e grandi, e voraci.

Tanto che mi alzai di botto su gambe molli e gelatinose quando mi sentii minacciata dai loro sguardi incuriositi. Li percepivo sulla mia pelle come un formicolio che non potevo ignorare, come dei sospiri febbrili e bollenti che tentavo di respingere senza successo. Osservavano me, quella bambina appesantita dai fagotti ma docile come un cucciolo, con gli occhi grandi e impauriti e il volto mansueto, con le mani irrequiete e i piedi frettolosi.

Mi accorsi troppo tardi che fu proprio a causa della mia eccessiva suggestionabilità che presero a seguirmi con lo sguardo. Quegli uomini là, quelli con la birra in mano e la testa tra le nuvole, si erano accorti di quel forte disagio che tentavo invano di celare...e iniziarono a compiacersene, divertiti, mentre io sgambettavo via. Tant'è che sperai di aver sentito male quando udii una voce carica di scherno sciogliersi nell'aria che mi appesantiva le spalle.

«Hey, bambina!» sbottò il primo. «Che c'è, hai paura? Dove scappi?»

I passi mi si incepparono. Si fecero storti, sconclusionati, eppure non persero vigore. Io ignorai la sfida che mi era appena stata lanciata, consapevole della piega terrificante che la situazione stava assumendo.
E proseguii, perché avevo davvero paura, e perché non sapevo dove andare, perché non conoscevo il posto né la gente, e perché non avevo alcuna intenzione di mettermi contro sei uomini - ciascuno dei quali pesava almeno il doppio di me.

Eppure questi ultimi non sembravano della stessa idea. La prospettiva di infastidire una docile ragazzina li arrapava troppo, li rendeva tronfi, gli gonfiava il petto di orgoglio virile.
Quindi mi diedero corda, si fecero insistenti: svoltai l'angolo con la coda tra le gambe e le loro voci melliflue mi seguirono con discrezione.

Il panico mi si incagliò addosso. Tremai e mi gonfiai di sospiri trattenuti, incerta sul da farsi, e avvolsi spasmodicamente le mie braccia con le mani, stringendomi in un abbraccio rassicurante.

«Ancora corri, amore?»

Queste parole mi colsero impreparata come una pugnalata. Mi voltai un poco, sfiorandomi la spalla col mento tremulo, e i miei occhi si riempirono di sei sagome ubriache e gongolanti, appena a dieci metri da me.

sangue nell'acqua [hs]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora