Mi si palesarono di fronte agli occhi i peggiori scenari. Gli sguardi lascivi che mi bagnavano la pelle mi impedivano di sperare in una qualche via di fuga, eppure quel corpo così sicuro e bellicoso mi diede la possibilità di lasciarmici guidare. Quel corpo familiare, quello forte...quello di Harry. Harry che ancora non si era mosso, Harry che ancora era lì, a frapporsi tra me e i soggetti crudeli di un branco affamato; Harry che riuscì a intimidirli con la forza della minaccia sottesa, del pericolo latente.
«Altrimenti?» se ne uscì l'altro, il più incosciente, il più stupido, colui che senza vergogna alzò il mento altezzosamente, come a voler stabilire la propria superiorità. Finì per scavarsi la fossa da solo.
Harry non rispose, e così fece l'amico. Entrambi rimasero in silenzio, bocche cucite e mani immobili tese lungo i fianchi, ma occhi di fuoco, occhi di chi desidera aiutare il più debole - e lo fa di buon cuore, con la generosità di un leone selvaggio.
«Andiamo, Seth.» l'esortazione impaziente fu pronunciata da un compagno. Uno più sveglio.
«Non ne vale la pena.»Sebbene loro si trovassero in maggioranza numerica, nessuno sembrava proteso ad una possibile rissa coi due ragazzi. Per un attimo pensai si trattasse di un improvviso timore suscitato dalla stazza imponente dei due, o dalla serietà percepita nella voce di Harry.
Poi i miei occhi si fecero attenti, coperti da un velo opaco di vulnerabilità...e scorsero familiarità sui loro volti, un timore antico, un odore familiare di sangue, di dolore.
Sì, un gruppo di iene che conosceva bene il ruggito di leone, perché si portava addosso la cicatrice di una lotta feroce...avevano paura di lui.
E fu proprio quella paura a spezzare in due l'entusiasmo di una caccia febbricitante, così vidi scivolare via il desiderio dalle loro mani come pugni di sabbia asciutta.Semplicemente si fecero da parte, piegandosi sotto qualcuno più grosso e pericoloso di loro. Fu in quel momento, in quell'esatto istante che compresi che mi sarei andata a cacciare in un guaio più grosso di me. Perché quando restammo soli, gettati come gatti randagi in mezzo alla strada buia, e quando l'amico di Harry prese a chiedermi se tutto fosse apposto, quest'ultimo ancora mi guardava con la sigaretta serrata allo stremo tra le labbra, e le guance incavate, e gli occhi selvatici di chi è arrabbiato con la vita.
Occhi che pungevano sulla pelle come carta vetrata, come infinite schegge di vetro. Occhi che nascondevano fiamme sotto specchi opachi di inquietudine, di incertezza insoddisfatta, di falsa pazienza. Harry sembrava studiarmi. Sì, studiarmi, schiacciato in un limbo di rabbia che sfociava goccia goccia in un mare di terrore - paura per me, per quella spaccatura al labbro che solo adesso faceva suonare tutti i suoi campanelli dall'allarme, per le lacrime che a fatica ricacciavo indietro, per le mie mani, che piccole piccole si aggrappano alla speranza di un'esistenza meno infelice.
«Aspetta.» disse poi, gettando a terra la cicca consumata. Fu lo scatto veloce del polso, le dita che stizzite mollavano sul cemento quel carico di fumo velenoso.
La sua ombra mi bagnò la pelle di una coltre scura. Arretrai, ancora scossa dagli eventi, e avvertii la sua mano avvicinarsi svelta alla mia spalla.
Quindi compresi nell'immediato la sua innata incapacità di tenere a freno le mani - ingordo di contatto, desideroso di percepire, di controllare, di plasmare, nel bene e nel male. In un abbraccio, durante un litigio, nel corso di una conoscenza...le mani, Harry usava le mani.
«Come ti chiami?» non era realmente interessato al mio nome, ma avvertì la necessità di pormi quella domanda perché un dubbio aveva iniziato a pungerlo, a raschiare la sua gola tesa.
«Harry, vacci piano.» l'amico intervenne di slancio, inquietato dalla sorpresa che lesse nei miei occhi a quell'improvviso contatto. Eppure non si lasciò piegare dalla mia incapacità, perché si avvicinò ancora, colto dalla realizzazione.
Dunque mi fissò un attimo.
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sangue nell'acqua [hs]
FanfictionHarry era questo, Harry era una carezza e uno schiaffo. Due occhi incastrati in un volto troppo cupo per meritare quella vitrea freddezza, quello scorcio di cielo gettato sul suo viso serio, distorto in un'espressione di puro sdegno per la vita - c...