Ombre

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Così, giusto per augurarvi una buona lettura

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Così, giusto per augurarvi una buona lettura.

Leggete lo spazio autrice una volta terminato il capitolo x

Quell'attesa estranea al tempo era interrotta ad intervalli regolari da segnali acustici stridenti e brevi silenzi - gli squilli del telefono a ronzarmi nelle orecchie, e lo sguardo ancora rivolto a terra.

Il cielo si era ormai fatto blu petrolio, e non vi erano stelle aggrappate al suo manto notturno. Solo anonime nubi scure e gonfie di nebbie e di pioggia, distanti e minacciose.

In quel silenzio statico, udivo distintamente il battito innaturale del mio cuore. Ero stretta nel mio cappotto, con gli acquisti tra le braccia e sulle gambe e i piedi a penzolare nel vuoto, le punte a sfiorare il cemento umido.

L'afflusso di gente si era notevolmente ridotto rispetto al primo pomeriggio, eppure intorno a me avvertivo ancora il calore della vita di strada coi suoi schiamazzi e i suoi profumi.

Avevo ormai perso la speranza di fare ritorno quando, d'improvviso, il segnale acustico del cellulare si interruppe, e la voce profonda di Harry mi bagnò le orecchie come velluto liquido.
«Pronto?»

Il panico mi si incastrò in gola. Quella voce, la sua voce...abituata a giorni di silenzio forzato, udirla fu come tornare a casa dopo un lungo viaggio.
Era la stessa di sempre - il solito, consueto basso ringhio profondo, vibrante, teso.

Manipolato ad arte per sfiorare le corde più intime della mia anima.

«Sono io.» mormorai trepidante, il cuore come un nodo tremulo di nervi.
Mi parve quasi di essere tornata indietro nel tempo, all'istante in cui i nostri sguardi si erano incontrati per la prima volta: avevo ancora la gola tesa, la voce come un gocciolio di acqua quieta e vibrante.

Le mie parole furono seguite dal suo silenzio.

Poi, con un tono di voce estremamente esitante, lo sentii mormorare: «Maia?»

La sua incredulità ruppe qualcosa dentro di me. Fu un dolore leggero, quasi la puntura di un insetto, ma il suo veleno si espanse lentamente, una cancrena inarrestabile - e fu come se la distanza che ci separava avesse iniziato a gridare.

«Sì.» pigolai, guardandomi intorno con occhi attenti. «Sono Maia.»

Nonostante l'angoscia e la consapevolezza della nostra innata incompatibilità, entrare in contatto con lui mi aveva riempita di un certo vigore, di un calore familiare.

«Perché mi stai chiamando?» domandò, incerto.
«È successo qualcosa?»

Le labbra mi si ruppero in un sorriso morbido - la sua improvvisa premura, solo per un istante, mi ricordò la pacatezza con cui Jake era solito trattarmi.

«No, è che...scusa, non vorrei disturbarti.»

«È successo qualcosa?» ripeté, sul punto di spazientirsi. Quella fu invece un piccola stilettata di veleno che a pieno rifletteva il suo animo inquieto e irascibile, ma che era ancora ricoperta di zucchero, di un palpabile bisogno di chiarezza.

sangue nell'acqua [hs]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora