Harry aveva la capacità di rendermi fragile.
Di fronte a lui le mie curve si facevano spigoli, e quelle erano le uniche armi di cui disponevo per difendermi dai suoi affondi spietati - ma ciò risultava semplice quando ancora mi illudevo di odiarlo.Perché abbandonarmi tra le sue braccia, tremebonda sotto i suoi palmi, mi aveva reso impossibile anche soltanto immaginarne le fattezze.
E la fragile connessione che avevamo instaurato si era frantumata nel momento stesso in cui il suo calore aveva abbandonato la mia pelle.C'era qualcosa di folle e di irrazionale, in quella consapevolezza. Un piccolo bocciolo che minacciava di piantare radici nella voragine che ci teneva lontani - come se fossimo destinati a scontrarci per stare vicini, io ed Harry.
Come se non fossimo capaci che di farci del male.
Ma io, non più cieca, avrei voluto proteggere quel piccolo fiore, farlo germogliare, permettergli di guarirci, perché da soli non ne saremmo stati capaci mai - troppo simili e orgogliosi per venirci incontro.
Avevo sperimentato la sua disperazione sulla mia pelle - il suo sapore, il suo calore sfrenato. Ed era stato come sfiorire tra le sue braccia e germogliare di nuovo, combattuta tra odio e necessità.
Sapevo che non lo avrei più guardato con gli stessi occhi - con la stessa fragile, puerile ingenuità.
Perché Harry non mi appariva più come un carnefice spietato e inavvicinabile, ma come un'anima dal dolore inestinguibile.
E sapevo anche che non sarei più riuscita a rispondere ai suoi morsi con fendenti altrettanto profondi - avrei sopportato quella rabbia per lui, quella pulsione irrazionale che lo spingeva all'odio e alla sopraffazione.Lo vidi il giorno stesso, quando rientrò per l'ora di cena, silenzioso e irrequieto dopo un intero pomeriggio di assenza. La stanza sembrava riflettere il suo improvviso mutismo: la televisione spenta, Tom alle prese coi fornelli, ed io che, senza fiatare, finivo di apparecchiare la tavola.
«Dove sei stato?» domandò il padre, terso in un'atmosfera che pareva rarefatta.
«Da Jake.»
La sua voce, un inciso frettoloso - una coltellata allo stomaco, le mani che iniziavano a tremarmi per l'agitazione. Fu come annegare in quel calore fecondo e totalitario e desiderare di morirne.
Mi sentii improvvisamente inadeguata, come incapace di sostenere una tale ingombro - la sua presenza aveva colmato la stanza intera con arcigna presunzione.
E nel silenzio di pochi battiti.
Il peggio giunse tutto insieme - una cascata di brividi lungo la schiena - quando mi costrinsi ad incontrare il suo sguardo. Fu un contatto di sfuggita frattanto che lui prendeva posto di fronte a me, e mi apparve tanto distante e irraggiungibile da spingermi alla desolazione.
Sembrava si stesse imponendo di non guardarmi, ma le sue iridi, per un misero istante, affondarono nelle mie. Uno strappo veloce e doloroso. In quelle foreste di contraddizioni e vizi scorsi una lampante inadeguatezza, riflesso della mia, e una coltre di nubi pregna di interrogativi a cui non seppi rispondere.
Un mondo di immagini liquide che scomparve quando il suo sguardo si nascose dietro una morbida areola di ricci.Quello fu soltanto l'inizio - come il principio di una puntura d'ape, un veleno che lentamente si espande.
La distanza che ci separava continuò a crescere, giorno dopo giorno. Arrivammo al punto di non rivolgerci un singolo sguardo.Quell'abisso logoro e disperato mi sgretolò il terreno sotto i piedi: crollai nel vuoto della sua perdizione e mi abbandonai allo sconforto. Una consapevolezza folle e irragionevole, eppure Harry mi mancava tremendamente - nuda dei suoi sguardi, sorda delle sue parole.
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sangue nell'acqua [hs]
FanfictionHarry era questo, Harry era una carezza e uno schiaffo. Due occhi incastrati in un volto troppo cupo per meritare quella vitrea freddezza, quello scorcio di cielo gettato sul suo viso serio, distorto in un'espressione di puro sdegno per la vita - c...