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Il vento sembrava che parlasse, quella sera. Il suo era un sibilo liquido e vibrante, un grido stridente che scandiva l'inesorabile sdrucciolare dei minuti.
Non ero solita ignorare i richiami della mente e del corpo, ma la voce melliflua di Mason era capace di sovrastare l'urlo rabbioso del tempo che nessuno mi avrebbe mai restituito.Vibravo in quel temporaneo stato di quiete come una piuma congelata, finché, strappata all'incoscienza da un brivido palpitante, non caddi nello strapiombo della realtà circostante.
L'aria, infatti, si era fatta ancora più gelida e stritolante, e il mio piccolo sussulto tremante non era passato inosservato a Mason che mi invitò a rientrare insieme a lui.
Un tepore morbido e avvolgente si appropriò della mia pelle come se fosse una carezza. Eppure all'interno della villa l'atmosfera era mutata; si era fatta più rarefatta, quasi astratta e inafferrabile, e aveva acquistato un odore diverso - profumava di fiabesca irrealtà.
A quel punto fu come cadere in un calice di rum e spine.
Perché fu sufficiente un attimo, quell'attimo, e il mio errore mi precipitò ai piedi, e subito mi resi conto che nei quaranta minuti trascorsi con Mason nessuno aveva ricevuto mie notizie.Mi voltai verso Mason (alle mie spalle) che già avevo le lacrime agli occhi. «Che ore sono?»
Lui, ignaro della tensione che strideva in ogni mio nervo, aggrottò le folte sopracciglia e tentò di avvicinarsi, ma io mi allontanai con le ginocchia che tremavano.
«Ti ho chiesto che ore sono!»
Mason si sentì pungere nell'orgoglio e mi guardò con occhi carichi di stizza, tuttavia non infierì ulteriormente e diede un'occhiata all'orologio che esibiva con arroganza al polso.
«Le due passate. Vuoi darti una calmata? Inizi a preoccuparmi.»
E mentre pronunciava quelle parole io avevo già le mani nei capelli e lo sguardo rivolto a terra, e già potevo avvertire le conseguenze della mia scarsa avvedutezza schiantarsi sulle mie ossa.
«No, no, no, no.» mormorai. «No, no.»
«Qual è il problema? Vuoi che cerchiamo i tuoi amici?»
Mason afferrò e strinse le mie spalle nel tentativo di calmarmi e ricevere una spiegazione, ma la sua voce mi suonava strana nelle orecchie, era distante, ovattata, tremula, e il battito stordito del mio cuore scalpitava con ferocia nel fracasso di voci e di risate e di musica.
«È un disastro.» sussurrai con voce rotta. «I miei amici...loro si arrabbieranno tantissimo.»
«Okay, ascoltami.» le sue dita raggiunsero i miei capelli e li guidarono gentilmente dietro le mie orecchie. «Adesso chiamo Travis, così scopriamo dove si trovano gli altri e li raggiungiamo. Tu lascia parlare me, va bene? Vedrai che non se la prenderanno con te.»
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sangue nell'acqua [hs]
FanfictionHarry era questo, Harry era una carezza e uno schiaffo. Due occhi incastrati in un volto troppo cupo per meritare quella vitrea freddezza, quello scorcio di cielo gettato sul suo viso serio, distorto in un'espressione di puro sdegno per la vita - c...