Cocci taglienti di vetro immersi in una placida chiazza di liquido, e qualche fogliolina di menta, e qualche cubetto di ghiaccio. Gli occhi di Jenna. Gli occhi inviperiti di Jenna, riflessi come diamanti grigi nel guazzo che andava espandendosi a macchia d'olio ai suoi piedi di ballerina.
«Ops.» sibilò la Jenna crudele dalle mani bucate. Un sorriso latente sulle sue labbra carnose.
Il fiato mi si gelò in gola, cristallizzandosi come un pugno di chiodi appuntiti. Raschiava e raschiava e non riuscivo a inghiottirlo; restava lì, bloccato sotto al mento, e i miei occhi increduli indugiavano in quelli di Jenna, in quelli di sfida di Jenna che era finalmente riuscita ad attirare la mia attenzione.
Sembrava parlarmi seppur senza aprir bocca...rimaneva fissa sul mio viso, in attesa di una reazione esplosiva al suo gesto azzardato - sì, sì, voleva farmi uscire allo scoperto, voleva spingermi al limite, provocarmi, impedirmi di eludere nuovamente le sue domande.
Rimase in silenzio, ma era come se stesse dicendo prova a ignorarmi, adesso.
E quindi mi chiesi perché Jenna dovesse lasciarsi trascinare a fondo da pregiudizi così stritolanti: avrei voluto urlare e gridare che non costituivo alcuna minaccia, che nessuno mi voleva lì, che non le avrei portato via l'affetto dei suoi amici! Mai!
Ma i miei guaiti di bestia ferita rimasero incastrati nei miei occhi che bruciavano a causa dell'emozione, dell'umiliazione e della rabbia, quella che non riuscivo a controllare, quella che scoppiava come un petardo per scemare nell'attimo di un battito di ciglia. Tremai. Accartocciai le dita.
«Lo hai fatto di proposito.» sussurrai senza vergogna, con voce incerta e tremula: lei percepì come terrore quel principio di vulnerabilità che in realtà si stava a poco a poco trasformando in pura furia cieca, in forza distruttiva.
Ed era tanto svergognata da non curarsi di negare, tanto svergognata da inarcare un sopracciglio perfettamente sagomato e sibilare languida: «Pulisci.»
Il silenzio calò su di noi come una notte priva di stelle. Non che qualcuno, prima, stesse parlando...ma fu come se il silenzio che già avvolgeva l'atmosfera in spire assopite si fosse fatto più spesso e pesante, e che noi tutti lo avvertissimo solo adesso nella sua ingombrante interezza.
Fui presa in contropiede dalla sua ingestibile sfacciataggine. Jenna voleva uno scontro aperto; agognava la mia onestà funesta, e per ottenere una mia reazione era stata costretta a cedere alla disperazione.
Jake non fiatò. Harry spense la sigaretta nel posacenere, e ancora i suoi occhi si mantenevano distanti dalla mia pelle arrossata.
Jenna ripeté: «Pulisci.»E a me parve di galleggiare. Mi sentii d'un tratto avvolgere da acque placide e cristalline che fungevano da filtro e da specchio, che distorcevano la realtà trasformandola in un caleidoscopio di fumo e nebbia.
Sì, mi sentii abbracciare dalle stesse acque che ruggivano, fremevano, che ribollivano: scalpitavano affamate e impazienti di abbattersi su Jenna ed estirparla da terra, schiacciandola tra pareti schiumose indomabili e soffocanti.Non avrei dovuto cedere. Ero consapevole delle sue intenzioni, ma il mio era un cuore debole che aveva sofferto, e che pompava sangue e veleno, e che si lasciava violentare dalle emozioni, e che non conosceva ragione o scaltrezza: il mio era il cuore di un'incosciente, e io restavo una scapestrata senza casa né famiglia.
Quindi mi lasciai scuotere da un singulto, da un ultimo grido di disperata accortezza: stai calma, stai calma, non cedere, respira, chiudi gli occhi!
Poi le mie labbra si schiusero.«Vaffanculo, Jenna.»
Me ne pentii l'istante in cui lo pronunciai, ma ormai nessuna delle due poteva tornare indietro: Jenna si protese aggressivamente sul tavolo, agognando la mia vicinanza, e il suo viso fu trasfigurato dalla furia.
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sangue nell'acqua [hs]
FanfictionHarry era questo, Harry era una carezza e uno schiaffo. Due occhi incastrati in un volto troppo cupo per meritare quella vitrea freddezza, quello scorcio di cielo gettato sul suo viso serio, distorto in un'espressione di puro sdegno per la vita - c...