Le strade di Tadcaster erano buie come lo stomaco di un serpente. Si presentavano come una fitta ramificazione di viottoli deserti, interrotti da pochi lampioni diroccati che emettevano luci aranciate ad intermittenza.
Io, pochi passi dietro Harry e Steve, mi tenevo stretto quel poco di coraggio che mi era rimasto. Me lo cucivo sulla pelle, tentando di respirarlo, con le gambe piegate dalla mia stessa indecisione. Non sapevo cosa stessi facendo, né se ciò mi avrebbe portata a qualcosa di buono.
Eppure continuavo a sperare...a credere nella luce positiva che vedevo brillare in fondo al tunnel, tenue e debole, ma presente, calda come un fuoco vivido.«Come ti chiami?»
Harry ripeté la stessa domanda per la terza volta. Ancora e ancora. Dopo un quarto d'ora di silenzio e passi strascicati. Sembrava combattuto, dilaniato tra diffidenza e preoccupazione.
Mi resi conto che la stessa paura che covavo io nei suoi confronti, doveva essersi trasformata in sfiducia dalla sua sponda. Non mi credeva. O almeno, sebbene non lo facesse, aveva deciso di fidarsi. Di aiutarmi...Non ero ancora riuscita a parlare. Temevo che aprir bocca avrebbe comportato un pericolo, un mettersi a nudo che non potevo ancora affrontare, non con due ragazzi di cui conoscevo soltanto la voce e la gestualità.
Ma...«Maia» risposi io, piccina dietro di loro, con gli occhi bassi e il cuore tremante di emozione. Non sapevo neanche perché lo avessi detto, né perché avessi lasciato trasparire una tale vulnerabilità dalla mia voce.
Sta di fatto che il diretto interessato reagì con un veloce scatto del capo. Si voltò nella mia direzione seppur senza fermarsi, e incontrò il mio sguardo contrito, sorpreso di udire la mia voce dopo un così lungo silenzio.«Maia.» ripeté a bassa voce. Rallentò un poco, quanto bastava per affiancarmi, e il mio cuore reagì con un sobbalzo. Strinsi con forza la tracolla del mio borsone.
«Io sono Harry.» continuò, sebbene conoscessi già il suo nome. Occhi attenti, fissi su di me...occhi di osservatore, occhi di serpente.
«Lui, invece, è Steve.»L'amico si voltò al richiamo. Mi guardò, poco più avanti, e sulle sue labbra si dipinse un piccolo sorriso che nulla aveva a che fare con l'atteggiamento strafottente e provocatorio che aveva assunto pochi minuti prima.
«Sai dove ti stiamo portando, Maia?»
Risposi a quella domanda con un semplice cenno negativo del capo, dipingendomi di un'indifferenza che non mi era propria. Mi sentivo così strana...come se avessi di fronte cacciatori e protettori, come se loro meritassero la mia fiducia, ma allo stesso tempo dovessi guardarli con diffidenza.
«Ascolta,» proseguì Harry, «stai tranquilla, va bene? Non abbiamo intenzione di farti del male.»
Era irrequieto, irto come un gatto nel solo pronunciare quelle parole. Si muniva di un atteggiamento calmo e comprensivo, ma dentro fremeva, tremava di emozioni incontrollabili. Lo irritavo...odiava il fatto che non parlassi, che faticassi a guardarlo, che non riuscissi ad aprirmi con lui sebbene facesse sfoggio di magnanimità. Eppure questa ero io, un bocciolo calpestato, un albero marcito dall'interno...
«Lo so.» sussurrai, ma continuai a guardare il cemento che calpestavo passo dopo passo.
«Noi...noi vogliamo aiutarti, ma tu...tu devi dirci cosa ti è successo, capito?»
Capito. Avevo capito. Non sapevano che farsene, questi due, di una come me. Eppure si comportavano da eroi, da principi magnanimi, trascinando con sé la pecorella smarrita, senza però comprenderla, o almeno tentare di farlo...mi sommergevano di domande, pretendendo che rispondessi, ciechi di fronte al trauma che mi trascinavo sulle spalle, ignari del batticuore, della paura, della disperazione.
«Qualcuno ti ha fatto del male, Maia? Così sei scappata di casa?»
No. O almeno, sì. Ma non era qualcuno, era...la vita, era lei, era lei che mi era avversa e nemica, che desiderava sbranarmi, farmi annegare nel sangue.
Ma non risposi, incrociando le braccia al petto, proteggendomi da quella vulnerabilità che Harry tentava in ogni modo di strapparmi di dosso.
Tanto che Steve lo riprese, ancora. Sibilò il suo nome tra i denti, arrabbiato, trascinandolo più avanti, liberandomi di quel carico soffocante.
Poi, discreto nell'avvicinarsi, «perdonalo, non sa come comportarsi.» disse - mani infilate in tasca, occhi cupi, pupille puntate sulla schiena del ragazzo che camminava di fronte a noi.Lo trovai divertente, dal momento che nemmeno io avevo idea di come comportarmi. Non sapevo se cedere alla necessità di sfogarmi, se restare col dubbio, se mantenere una patina di diffidenza a dividerci...e dunque mi persi nell'indecisione, rifiugiandomi tra le mie stesse braccia, per proteggermi dai dubbi e dalle paure che aumentavano passo dopo passo.
Non parlai più. O almeno, quell'ignoto viaggio proseguì nel silenzio. I miei occhi, nel frattempo, rimasero fissi sulla schiena di Harry, irta e tesa, contratta, forte, che sagomava la propria anatomia imprimendosi con forza nel tessuto della maglietta nera che la avvolgeva, emergendo con prepotenza, e facendo sfoggio di arroganza sottesa, di...potenza.
Lui camminava di fronte a noi, irrequieto, macinando distanza frettoloso.
Non era convinto...non era sicuro sicuro di ciò che stava facendo, perché io ero ladra, ma ero anche bambina, e non sapeva a quale aspetto di me aggrapparsi per inquadrare la mia persona.Tuttavia Harry non ebbe il tempo di domandarselo, perché a poco a poco i suoi passi rallentarono. Si fermarono di fronte a un'insegna luminosa, posta al di sopra dell'ingresso di un locale...i miei occhi stanchi lessero RED LION.
Harry entrò, ma io ebbi il riflesso di arretrare e cercare lo sguardo di Steve...di Steve che già mi stava guardando, conscio della mia insicurezza, e che fu veloce nel rassicurarmi. «Vieni.» disse, facendomi cenno di seguirlo all'interno. «Ti cerchiamo un posto dove passare la notte.»
Lo guardai a malapena, troppo terrorizzata per parlare. Le brevi giornate che avevo trascorso a Tadcaster mi avevano cucito sulla pelle un'intensa inquietudine che trovava sfogo nei confronti del prossimo...e per un attimo ebbi paura.
Ma, come poco prima avevo fatto, decisi di accantonare la paura puttana che qui mi aveva trascinato, e di lasciare spazio a quel poco di fiducia che ancora mi portavo appresso.Mi accolse un locale spazioso, caldo, intimo, dalle luci soffuse, dall'odore di birra fredda e di cocktail alcolici, dal profumo di legno vecchio...uno spazio ricreativo poco affollato, il luogo di ritrovo per giovani e vecchi, per chi vuole bere e giocare a poker e guardare insieme le partite di calcio.
Mi ghiacciai da capo a piedi. Compresi di trovarmi nel luogo sbagliato, in un posto a cui non appartenevo. Eppure non mi fermai, ma proseguii verso il bancone di fianco a Steve, dietro ad Harry...che già era arrivato. Parlava animatamente con un signore di mezz'età dagli occhi buoni e le mani grandi.
Non seppi spiegarmelo, ma compresi nell'immediato che l'oggetto della discussione fossi proprio io. Io che timidamente mi facevo strada, goffa come un pulcino bagnato, io che tenevo gli occhi puntati sulla nuca morbida di Harry.
Steve parlò. «Resta qui.» disse, raggiungendo i due uomini fermi di fianco al bancone del locale. Nel mentre io presi a guardarmi intorno, ammirando i numerosi tavolini gremiti di ragazzi, il biliardo affiancato dal banco da poker, e le numerose slot machines poggiate al muro, dalla parte opposta della sala.
Red lion.Mi riscossi dall'incanto al solo sentir pronunciare il mio nome...e fu Harry, a chiamarmi. A sbottare un Maia sbrigativo con quella sua voce profonda, con quel tono intransigente e vorace, al punto da farmi stringere il petto - bagnandomi la pelle di brividi silenziosi.
Dunque mi avvicinai. Lo feci con poca convinzione, quasi spaventata, coi passi lenti e le mani veloci nello stringersi le une con le altre. Incontrai gli occhi buoni di quel signore dal viso pulito, che al mio tremore rispose con un sorriso caldo come il sole. Caldo come un abbraccio. Caldo come...un abbraccio di mamma.
Scusate l'immenso ritardo ma ero in vacanza e ho preferito pensare alla mia mental health piuttosto che a wattpad...ma tutto sommato questa storia mi era mancata, e mi eravate mancate anche voi! La vicenda si sta pian piano sviluppando, nei prossimi capitoli la situazione si stabilirà e la vera storia potrà avere inizio...non vedo l'ora. x
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sangue nell'acqua [hs]
FanfictionHarry era questo, Harry era una carezza e uno schiaffo. Due occhi incastrati in un volto troppo cupo per meritare quella vitrea freddezza, quello scorcio di cielo gettato sul suo viso serio, distorto in un'espressione di puro sdegno per la vita - c...