Vuoi che me ne vada?

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Il mio corpo si vestì di un improvviso immobilismo.

Tesa contro quella parete bianca, mai come allora pregai di potermi sottrarre alla condanna della sua iracondia: sul suo volto scavato dalla spossatezza riuscii a scorgere un guizzo improvviso di tensione, un irrigidimento latente che si sopì in uno sguardo impenetrabile.

Di fronte a me...Harry giaceva in un silenzio impietoso. E dinnanzi a lui, colpevole e accorata, mi sentii attraversare da un brivido che ero certa non avesse a che fare con la ridicola condizione in cui versavo.

Nel momento in cui ero piombata tanto violentemente nel suo piccolo ritaglio di mondo, l'attenzione di Harry era stata catturata nell'immediato dal mio affanno; e uno strappo aveva frantumato l'aria, un guaito mi si era incagliato in gola - i suoi occhi su di me, di nuovo su di me, ammantati di un disagio spietato.

Harry giaceva silenzioso su un letto bianco, come avvolto da un tappeto di gigli, ma l'evidenza della violenza subita, nonostante risultasse lampante sui suoi lineamenti, non riusciva a vincere la bellezza leonina del suo sguardo insidioso.

Quando scorsi una luce consueta vibrare nel suo sguardo, sebbene conoscessi le imminenti conseguenze della mia scarsa avvedutezza, fui colta da un sollievo tanto sconfinato che sentii piegarmisi le ginocchia.

E non erano importanti le tracce degli eventi incise sul suo volto, e nemmeno la fasciatura che gli inchiodava il braccio al petto per tenere ferma la spalla ferita, e neppure l'evidente fiacchezza delle sue membra...perché Harry era lì, di fronte a me, animato dalla stessa vivacità che temevo gli fosse stata portata via.

E dunque il mio unico desiderio non era rimasto inascoltato; le mie nenie notturne non si erano sopite in un effimero sbuffo di fiato.

«Stai bene.» sussurrai, quasi quel sospiro mi fosse stato strappato di bocca. Una confessione che pronunciai con disincanto, gli occhi vacui, storditi dall'emozione.

Ma presto...ricordai. E fu lo sguardo che Harry mi rivolse a gettarmi addosso quella nuova consapevolezza: mi trovavo nella sua stanza ospedaliera, completamente zuppa e tremante, dopo aver disubbidito alle restrizioni imposte.

Guardandolo negli occhi compresi che non dovesse esserne affatto felice.

Mi rivolgeva uno sguardo impetuoso, avvolto da un silenzio surreale che a stento gli riconoscevo addosso: nella statica incredulità con cui rimase a guardarmi, avvertii un disagio ardere sottilmente sulla mia pelle.

Poi fu solo il battito stordito del mio cuore, un fruscio improvviso, stentato, e i suoi muscoli si irrigidirono ferocemente.

«Cosa ci fai qui?» domandò con voce piatta, il capo abbandonato contro il cuscino in una posa rilassata che tradiva l'evidente tensione dei suoi nervi. Pareva si stesse a stento contenendo.

Sollevai le sopracciglia, sorpresa dal suo tono sottilmente polemico. Date le circostanze non mi aspettavo di ricevere una calda accoglienza, ma dopo i momenti di intimità che avevamo condiviso...la sua ritrosia mi indispose.

«Avevo bisogno...di vederti.» confessai con voce incolore, immobile contro la parete. Il suo sguardo sembrava inchiodarmici senza pietà.
«Sono felice di sapere che stai bene.»

Le mie dita si contrassero in uno stropiccio timido contro i palmi. Mossi un piccolo passo nella sua direzione, dondolandomi sulle caviglie, e i suoi occhi seguirono attentamente il mio percorso, quasi impazienti di vedere fino a dove avessi il coraggio di spingermi.

Mi guardarono...mi guardarono, i suoi meravigliosi occhi verdi, gemme di emozioni incandescenti, dedali di passioni tortuose e devastanti - insidie d'incanto e di follia, il riflesso del mio amore a dipingerle di mille sfumature.

sangue nell'acqua [hs]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora